Yara, processo
d’appello, Brescia
chiude le strade

Yara Gambirasio

BERGAMO

A un anno dalla condanna in primo grado all’ergastolo, venerdì mattina, 30 giugno, al palazzo di giustizia di Brescia si aprirà il processo d’appello a Massimo Giuseppe Bosetti, il carpentiere di Mapello che, secondo i giudici di Bergamo, ha ucciso Yara Gambirasio, la ragazzina di 13 anni rapita venerdì 26 novembre 2010 fuori dalla palestra di via Locatelli a Brembate Sopra e trovata senza vita esattamente tre mesi dopo, il 26 febbraio 2011, in un campo di Chignolo d’Isola.

Contro Bossetti c’è una prova che i giudici della Corte d’Assise di Bergamo hanno definito «granitica», che sarebbe sufficiente, da sola, a giustificare il massimo della pena inflitta all’imputato: ovvero il suo Dna sugli slip di Yara. Ma ci sono contro Bossetti, che secondo i giudici ha agito in modo «crudele» abbandonando Yara incosciente nel campo di Chignolo, anche altri «elementi di natura indiziaria». Tra questi la presenza del suo furgone nella zona di Brembate Sopra in un orario compatibile con quello del rapimento di Yara, la presenza sul corpo della tredicenne di sferette metalliche tipiche del lavoro edilizio e i tabulati telefonici che localizzano Bossetti in quella zona negli orari in cui Yara veniva allontanata per sempre dalla sua famiglia.

Bossetti si è sempre dichiarato innocente, sostenendo di non aver mai conosciuto Yara né di averle mai fatto del male. I suoi avvocati hanno sempre chiesto in primo grado e lo faranno, si presume, anche a Brescia, la ripetizione della prova del Dna, perché convinti vi sia stato un errore. A lui si arrivò tramite il Dna della madre, Ester Arzuffi che ha sempre difeso il figlio, così come la gemella di Bossetti, Laura Letizia. Anche la moglie del carpentiere (la coppia ha tre figli) ha sempre difeso il marito: in una recente intervista ha dichiarato che non divorzierà mai, «nemmeno se l’ergastolo dovesse essere confermato», perché crede nella sua innocenza.

BRESCIA «CHIUDE». Intanto Brescia si prepara all’invasione: nelle scorse sere sono comparse le prime telecamere davanti al Palazzo di Giustizia per il racconto nelle principali trasmissioni nazionali dell’attesa di quello che viene considerato il processo dell’estate.

Ma è venerdì il giorno da bollino rosso, da tutto esaurito e posti in piedi nell’aula dove inizia il processo d’appello a carico di Bossetti. E non sarà un giorno come tutti gli altri, almeno per quanto riguarda la gestione sicurezza. «Telecamere e macchine fotografiche vietate in aula», ha stabilito il procuratore generale di Brescia Pierluigi Maria Dell’Osso dopo un sopralluogo con il presidente della Corte d’Assise d’appello Enrico Fischetti.

Le telecamere delle televisioni potranno rimanere solamente in strada, lungo la via del tribunale che venerdì sarà chiusa al traffico proprio per favorire il posizionamento dei furgoni-regia delle tv.

Il processo sarà aperto al pubblico, alla stampa, ma nessuna immagine è stata autorizzata e Massimo Bossetti sarà fatto entrare in aula dall’ingresso sotterraneo.

«L’ho visto in carcere pochi giorni fa. È carico e convinto di riuscire a far emergere la sua innocenza», ha riferito il legale dell’imputato, Claudio Salvagni.

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