BAGNOLO. La 31enne vittima di un brutale pestaggio del fidanzato con cui viveva da quattro mesi ricostruisce l’aggressione al ritorno da una festa

«Era una furia,
io fortunata
ad essere viva»

di Cinzia Reboni
La vittima del pestaggio è stata curata all’Ospedale Civile di Brescia
La vittima del pestaggio è stata curata all’Ospedale Civile di Brescia
La vittima del pestaggio è stata curata all’Ospedale Civile di Brescia
La vittima del pestaggio è stata curata all’Ospedale Civile di Brescia

Cinzia Reboni

Un incubo lungo la Corda Molle. Il primo pugno in faccia, poi l'auto che si ferma e nel buio della campagna giù altri pugni, calci e insulti. «Quando pensavo che mi avrebbe ammazzata, ha smesso. Non riuscivo a muovermi, mi ha caricato sull'auto e riportato a casa come se nulla fosse». Un’umiliazione che fa male più delle costole incrinate, dei lividi sulla faccia, dell'occhio tumefatto.

MENTRE ERA in Rianimazione prima, e durante gli altri giorni di degenza in Chirurgia al Civile, Lisa (il nome è di fantasia), la 31enne di Bagnolo vittima di un brutale pestaggio ad opera del fidanzato, si è chiesta ripetutamente perchè, anzi come: come può una persona trasformare l'affetto in odio cieco? Come può il sogno di una relazione felice diventare un incubo?

«È stato un raptus - racconta Lisa, che conviveva con il suo aggressore dall'inizio dell'anno -: nei quattro mesi della nostra storia non aveva mai dato segni di violenza. Quella sera non era ubriaco: aveva bevuto un po’, ma non al punto da non capire cosa stava facendo. Io stessa mentre mi picchiava gli chiedevo: ma ti rendi conto di chi sono io? E lui mi rispondeva: sì, te le stai meritando tutte».

Era il 26 febbraio. «Eravamo stati in un locale a Travagliato per la festa di Carnevale - racconta la 31enne di Bagnolo -. Lui ha avuto un diverbio con una persona e io sono intervenuta, dicendogli di smetterla. L’ho portato via».

Sulla strada del ritorno il 36enne è diventato una furia. «Abbiamo avuto una discussione animata, proprio dovuta al mio intervento nel locale, ed è partito il primo pugno - ricorda la vittima -. Gli ho detto di fermare l’auto e sono scesa, ma è sceso anche lui. Non sono riuscita a sfuggirgli e ha iniziato a prendermi a pugni e a calci. Io non ero più in grado di muovermi. Non appena siamo arrivati a casa, gli ho detto di andarsene. Lui non ha fatto resistenza. Sotto choc e dolorante, mi sono buttata sul letto e mi sono addormentata».

Lisa si sveglia verso le 10 del mattino successivo. «Ho subito telefonato ai miei genitori: sono stati loro a trovarmi in quelle condizioni, a soccorrermi e a chiamare l’ambulanza e i carabinieri».

Il referto del Pronto soccorso del Civile è specchio del brutale pestaggio: la 31enne ha un ematoma di 8 centimetri al fegato, 6-7 costole e 2 vertebre fratturate, un trauma facciale, una tumefazione e contusioni sparse agli arti. Inizialmente il suo convivente, che risulta irreperibile, viene indagato per tentato omicidio, poi l’accusa viene derubricata per lesioni gravissime. Scatta la caccia al responsabile dell'aggressione. Che sembra scomparso nel nulla. Neppure le «celle» del suo smartphone aiutano gli investigatori. «I ripetitori nella Bassa sono rarefatti», spiega Lisa. La tenacia dei carabinieri della stazione di Bagnolo, guidati dal maresciallo aiutante Felice Purcaro, che continuano a cercare di agganciare il cellulare, viene premiata all'inizio di questa settimana. Il 36enne risponde e, per non insopettirlo, i militari gli dicono di presentarsi in caserma per alcune comunicazioni. Lui arriva e viene arrestato.

«Non mi sono mai accorta prima di chi era la persona che avevo accanto - ammette Lisa -. Se l’avessi solo immaginato, ovviamente l’avrei evitato. In tanti adesso mi dicono: ma non potevi sceglierti qualcun altro? facendomi quasi sentire in colpa per quello che è successo. È assurdo. Vent’anni fa aveva avuto problemi con la giustizia, ma non per atteggiamento violento. Era una cosa passata».

Il futuro? «Spero che la giustizia sia... giusta e lui paghi per quello che ha fatto - confida Lisa -. Non ci sono attenuanti. Io sono stata fortunata: troppe volte queste cose finiscono male. Spero resti in carcere a lungo a riflettere, e mi auguro di non rivederlo mai più. La legge deve essere inflessibile anche nei casi che sembrano lievi o occasionali. E poi bisogna insegnare il rispetto della persona, donna o uomo che sia. E se proprio non basta, bisognerebbe che le istituzioni incentivassero i corsi di autodifesa. Io mi sono sentita perduta quella notte, in balìa di una persona violenta».

Lisa ha ancora paura, ma guarda avanti; «Sarà dura dimenticare, ora però sto un po’ meglio. Psicologicamente sto cercando di affrontare la cosa e superare il trauma». Nessuna ferita in fondo è per sempre. Ma quando a lacerarsi è l'anima, la prognosi di guarigione diventa impossibile da prevedere.

Suggerimenti