Dalla politica una bulimia di chiacchiere

di W.G.

Il coma profondo in cui versa ormai da anni l’aeroporto di Montichiari è l’emblema, nelle debite proporzioni, dell’equivoco di fondo che affligge da tempo immemore l’economia italiana, ovvero l’opaco connubio tra la politica intesa anche come luogo di produzione delle regole e di programmazione e le imprese chiamate a gestire il rischio connaturato all’avvio di un’attività produttiva. Insomma, la necessità di disporre di certezze su chi fa cosa, ciascuno nel rispetto delle proprie competenze. Un rispetto purtroppo disatteso a Montichiari, o quantomeno che si è manifestato nelle fasi iniziali del progetto quando è stata la politica a gestire la start up, per usare un termine abusato, di sostegno, di lobbyng dell’operazione aeroporto. Brescia e Verona hanno messo in campo tutto quanto potevano per lanciare lo scalo monteclarense nell’ottica lungimirante di aprire un polo del nord est, approfittando del braccio di ferro tra Linate e Malpensa che apriva spazi commerciali. I dolori sono cominciati poco dopo perché da una parte si è acceso un esplicito conflitto tra aeroporti, con Bergamo irritato per essere rimasto sulla porta, nonostante ripetutamente bussato e la Regione Lombardia sospettosa delle mire espansioniste del Veneto. IL FUOCO AMICO ad un certo punto è arrivato dal caposaldo alleato di Verona che ha virato con decisione dalla rotta di un’alleanza virtuosa alla paura della concorrenza. Non bastasse, ancora la politica, ha deciso nel 2002 di costituire una società ad hoc, la D’Annunzio Spa per gestire Montichiari. Ambizioni territoriali e il desiderio di coinvolgere altre realtà sono state le ragioni addotte per quella operazione, di cui ancora oggi si fatica a comprenderne l’utilità. C’era la Catullo, perché non concentrare peso e risorse all’interno del Consiglio di amministrazione e dare una voce più forte agli interessi bresciani? Su tutto però emerge l’inadeguatezza del mondo delle imprese, subordinate ad una politica che avrebbe forse dovuto e potuto pensare ad altro: garantire il rispetto delle regole, crearne di nuove se del caso, ma stare alla larga da compiti che non le spettavano. La politica vent’anni dopo mostra di non aver compreso la lezione. È ancora un florilegio di opinioni, valutazione, appelli, sguardi rivolti al futuro. Sarebbe meglio non cucirsi la bocca, ma frenare almeno la bulimia in attesa di qualcosa di concreto, da toccare con mano. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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