Una strage di
rane nel Parco
dell’Adamello

di Luciano Ranzanici
Le tracce lasciate dai saccheggiatori sul bordo della pozza
Le tracce lasciate dai saccheggiatori sul bordo della pozza
Le tracce lasciate dai saccheggiatori sul bordo della pozza
Le tracce lasciate dai saccheggiatori sul bordo della pozza

Circa un anno fa la stampa si era occupata dell’incredibile avvelenamento doloso di una pozza d’abbeverata traboccante di anfibi sull’Altopiano di Cariadeghe, a Serle. Oggi si deve occupare di un’altra devastazione attuata ai danni della piccola fauna; stavolta in Valcamonica, e con contorni che è difficile non definire animaleschi. Potrebbe infatti aver avuto finalità gastronomiche il saccheggio di un piccolo stagno di media montagna di Braone. Sicuramente già nella giornata di venerdì o forse prima, qualcuno si è avvicinato allo stagno in località Negola, che qui chiamano proprio «La Pozza delle rane» e che si trova a 630 metri di quota, prelevando tutti gli esemplari adulti in riproduzione e anche le centinaia di uova già deposte. VISTA l’altezza del sito, il laghetto era probabilmente utilizzato per la riproduzione dalle rane temporarie, una specie terricola e montana che vive fino a quote molto elevate, e dato che questa zona è molto amata e frequentata dai braonesi il saccheggio è stato scoperto in fretta. Aggravato, se è possibile, dal fatto di essere avvenuto nel Parco dell’Adamello lungo la «Camminata alta». Probabilmente alla ricerca di materia prima per una frittura di rane, i vandali hanno violato la legge regionale 10 del 2008, una normativa di tutela della piccola fauna che vieta sempre il danneggiamento dei siti riproduttivi di tutte le specie di anfibi, tutelando le uova e i girini ma anche gli adulti, che solo in un breve periodo dell’anno, limitatamente ad alcune specie (compresa la rana temporaria) e con vincoli rigidissimi sulla quantità possono essere catturati. Di certo non durante la riproduzione: la tutela assoluta vale dal primo ottobre al 30 giugno. Pesante la collera del sindaco Gabriele Prandini e dei volontari impegnati nella protezione della montagna di Braone, alle prese non solo con la strage di anfibi (già avvenuta in passato) ma anche con i danni inferti dai saccheggiatori allo stagno. Ora proprio i volontari sono preoccupati anche per un’altra pozza, quella del pianoro di Servil, a 870 metri. «SIAMO di fronte a un vero furto ai danni della collettività che offende l’operato dell’amministrazione comunale e dei volontari - commenta il sindaco - che tanto si adoperano per la nostra montagna; ma è un’offesa anche per tutti i cittadini di Braone. Se qualcuno ha visto o sa qualcosa lo comunichi all’amministrazione o alle forze dell’ordine». «Questi atteggiamenti - rincara poi la dose - forse perpetrati dagli stessi che vogliono che i cinghiali devastino le nostre terre, daranno modo alla gente di pensare di abbandonare le nostre montagne con le prevedibili conseguenze per il territorio». Carlo Piccinelli è un escursionista che conosce bene la pozza devastata, e che «in questa stagione è sempre piena di uova di rana. Purtroppo è facilmente raggiungibile e questi distruttori, dei bracconieri morti di fame, non saprei come chiamarli in altro modo, la razziano per farci una frittata. Da noi le leggi sulla protezione della fauna minore sono del tutto ignorate». •

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