«Disgrassia» a San Felice Quattro vite distrutte

La disgrazia: coglie di sorpresa
La disgrazia: coglie di sorpresa
La disgrazia: coglie di sorpresa
La disgrazia: coglie di sorpresa

«Disgrassia». Questo, per dirla nel nostro lessico bresciano quanto accaduto a San Felice del Benaco – con 4 vite distrutte: la ragazzina uccisa, il suo fratellino che ha sparato, il padre che mostrava il fucile, la madre inconsapevolmente catapultata in pochi secondi in una disperazione irrimediabile – dovrebbe indurre a non debordare dalla semplice e stretta cronaca, anche se già leggo, sento sociologiare, talkeggiare nei tanti (troppi) salotti tv (si fa per dire) da commentatori pret-a-porter buoni per tutte le stagioni e tutte le situazioni. Sciacalli da pixel troneggiano fra una pubblicità per incontinenti (fisiologici) e una per operatori telefonici (quelli che quando chiami i loro call center resti appeso al telefono per le mezzore), volteggiano sulle disgrazie altrui con artigli affilati, mentre, fra un colpo di scema e un altro della conduttrice – una miracolata dal destino che blatera di decreti legge intendendoli come ineludibili che manco l’editto di Fontainbleau di Luigi XIV o la bolla papale unam sanctam ecclesiam di Bonifacio VIII – regola il traffico vociante di chi strepita e starnazza, impaziente com’è d’inzuppare il biscotto nel bianco latte della cronaca nera. In questo caso, di una vera disgrazia. Disgrazia perché tale è quanto accaduto a una famiglia ora distrutta. Non entro nel merito delle responsabilità (c’è chi – per lavoro – deve occuparsene): mi limito a registrare la caduta in disgrazia di una famiglia. «Disgrazia» che indica «la perdita della grazia divina» precipitando nella suburra dell’oscurità, sinonimo di mancanza di luce, cioè – appunto – «grazia divina». Lo dico da irriducibile laico quale sono. Credo che l’unica parola idonea sia appunto questa: «disgrazia» («disgrassia» in bresciano, con la sostanza – terribile – che non cambia).•.

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