GIGI SIMEONI CORRE IL LUPO

di Anna Castoldi
I primi due capitoli sono «Tre pietre nere» e «Nel nido del ragno»Due tavole della graphic novel: la punzonatura in piazza Vittoria  e, a sinistra, l’entusiasmo per Nuvolari
I primi due capitoli sono «Tre pietre nere» e «Nel nido del ragno»Due tavole della graphic novel: la punzonatura in piazza Vittoria e, a sinistra, l’entusiasmo per Nuvolari
I primi due capitoli sono «Tre pietre nere» e «Nel nido del ragno»Due tavole della graphic novel: la punzonatura in piazza Vittoria  e, a sinistra, l’entusiasmo per Nuvolari
I primi due capitoli sono «Tre pietre nere» e «Nel nido del ragno»Due tavole della graphic novel: la punzonatura in piazza Vittoria e, a sinistra, l’entusiasmo per Nuvolari

La Bonelli lo ha definito un «piccolo gioiello narrativo», ma perché quel castigato «piccolo»? «La corsa del lupo» dell’autore bresciano Gigi Simeoni non è un «piccolo» capolavoro. È un capolavoro e basta. Sin dalle prime tavole si è acciuffati dal piacere senza tempo del narrare. Tre albi di centodieci pagine ciascuno raccontano di un nazista, un banchiere e una partigiana a caccia di un favoloso oggetto: la corona di Erode. Dopo «Tre pietre nere» e «Nel nido del ragno» il terzo episodio, «L’ultimo miglio», è uscito il 13 marzo. Quando nasce «La corsa del lupo»? Nel 2008, ma Bonelli aveva già un soggetto bellico in cantiere e ha rimandato la produzione. Nel frattempo ne ho fatto un romanzo, per ora inedito. Nel 2015 ho avuto un grave incidente e per qualche tempo non sono riuscito a inventare nulla. Così ho chiesto di riprendere un’idea già concepita: «La corsa del Lupo» è uscita dal cassetto. Ci ho messo tre anni a disegnarla tutta, tra fine 2015 e inizio 2019. Ne «La corsa del Lupo» lo spietato maggiore Weissmann, detto «il Lupo», è pronto a tutto per impossessarsi della corona di Erode. Cosa c’è di vero e di fittizio? Campomediano, località dove il Lupo compie una strage, non esiste. Questione di delicatezza: ogni paese italiano ha la sua storia della Resistenza e non volevo toccarla. I personaggi sono inventati, ma verosimili: Grandine, Zorro, Spaccasassi assomigliano a nomi di partigiani esistiti. Quanto alla passione di Hitler per l’esoterismo, è un po’ come le scie chimiche: chi ci crede sostiene di averne prove. Per esempio il dittatore avrebbe invaso l’Austria per mettere le mani sulla lancia di Longino, nel tesoro degli Asburgo. La corona di Erode, invece, l’ho inventata di sana pianta. Ho approfondito la figura del re malvagio leggendo le cronache di Giuseppe Flavio - c’è un parallelo tra Erode e Hitler. La corona sembra foriera di sventura: quando un poveraccio vi si imbatte, sopra di lui si posa un corvo che fa cedere una trave che gli trapassa il collo. Tutto dipende da ciò che i lettori (e i personaggi) vogliono credere. Ai fini della storia, comunque, la corona è un MacGuffin: un pretesto per far avanzare la narrazione. Non si vede mai, eppure muove i personaggi, rivelandone i tratti generosi e crudeli, astuti e perversi. L’ambiente, l’epoca, l’intreccio: tutto è sottofondo per un confronto tra essere umani. La storia è densa ma non stanca mai. Come si tiene il ritmo? È un gioco di scatole cinesi. Ogni volta che un malvagio senza scrupoli incrocia la corona, viene bloccato da qualcuno ancora più malvagio. Prede e cacciatori che diventano prede. Si arriva al Cattivo, il banchiere Marchant, con cui il Lupo gioca un’estenuante partita a scacchi. Per non annoiare esistono escamotage a livello narrativo e visivo: i flashback permettono di spiegare e raccontare senza ricorrere a fitti dialoghi. Tendo anche a cambiare spesso… inquadratura. Il mio stile attinge dal teatro e dal cinema: scandaglio le scene dei film osservando come i personaggi gestiscono gli spazi e danno forza ai gesti. Nell’ultimo albo la vicenda si sposta a Brescia, Mille Miglia del 1947. Gli eventi accelerano insieme alle auto in corsa, per precipitare fino al traguardo. La Mille Miglia è l’espediente assurdo e insospettabile che permette di recuperare la corona, nascosta in Toscana. Per Lupo tornare in Italia è rischioso, ma chi si immagina che un ex-maggiore nazista si iscriva a una gara di auto d’epoca sotto falso nome? Un’occasione colta per un omaggio alla città. Sì, da tempo era mia intenzione. Brescia ha una storia interessante, ancora da raccontare: ha sofferto la dominazione in ogni epoca, ha uno spirito ribelle. Un po’ come me e i miei personaggi, sempre alla ricerca di una catarsi, una giustizia, una vendetta. Di libertà, spesso da se stessi. Scriverà ancora di Brescia? Ho dei progetti, forse una storia ambientata a metà Ottocento, ai tempi della dominazione austriaca. Vedremo.. •

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