Lealtà di Indro Montanelli «Le carte mi danno torto»

Indro Montanelli lasciò il posto all'United Press, che non voleva mandarlo in Etiopia, per andarci da volontario combattente. Ne scrisse XX Battaglione eritreo. Nella pagina «La stanza di Montanelli», il «Corriere della Sera» pubblicò il 13 febbraio 1996 questi testi, sotto il titolo Gas in Etiopia: i documenti mi danno torto.
CARO DIRETTORE, mi voglia perdonare se, da vecchio giornalista prima che da storico, le faccio un appunto. Poiché è stato il suo giornale, il 10 agosto 1995, ad aprire il dibattito sull'impiego delle armi chimiche in Etiopia (un dibattito sereno e garbato, che è durato per qualche giorno e che ha coinvolto l'intera stampa italiana), ero del tutto persuaso che oggi (9 febbraio), dopo le chiare ammissioni del ministro alla Difesa, generale Domenico Corcione, il «Corriere della Sera» avrebbe dato il giusto rilievo alla notizia, invece di confinarla a pagina 13, con un testo di appena 14 righe. Come lei sa, non ho mai preteso le scuse di Indro Montanelli, anche se lui le ha pubblicamente annunciate, perché ritengo che Montanelli abbia sempre negato, ma in buona fede, l'impiego di queste armi proibite. Nessun desiderio di rivincita, dunque. Ma speravo che la vertenza si chiudesse in maniera diversa, soprattutto per rispetto dei lettori. E per quella completezza dell'informazione, che tutti invocano ma pochi esercitano.
Angelo Del Boca, Torino
CARO DEL BOCA, il direttore Mieli mi passa questa sua lettera che, sebbene indirizzata a lui, mi affretto a pubblicare in questa mia «stanza» per dimostrarle, ove mai lo avesse sospettato, che non sono stato io a pregarlo di mettere la sordina al comunicato del generale Corcione, che mi dà torto sulla questione dei gas italiani in Etiopia. Chi mi sta vicino, anche al «Corriere», sa benissimo che in questi giorni ho purtroppo la testa occupata da ben altri e drammatici assilli per tener dietro a queste cose. Ma siccome lei mi ricorda l'impegno che nella nostra amichevole polemica io avevo preso di chiedere scusa ai lettori nel caso in cui dai documenti fosse risultato che i gas furono effettivamente usati, eccomi pronto ad assolverlo riconoscendo che i documenti mi danno effettivamente torto. Essi dicono che i gas furono effettivamente usati, come lei ha scritto nella ricostruzione storica di quella impresa. Ma siccome lei a sua volta riconosce la mia buona fede, mi permetta di ribadirla. Lei sa che non ho negato l'uso dei gas per riscattare e nobilitare quella impresa di cui, dopo avervi partecipato con tutto l'entusiasmo dei miei vent'anni, non aspettai nemmeno la fine per rendermi conto del suo anacronismo e su quale catastrofica strada stava avviando il nostro Paese. No, negavo i gas semplicemente perché, sul posto, non li avevo visti né sentiti. Ed il fatto curioso è che, fra i reduci di quella lontana e sbagliata impresa, ormai ridotti. immagino. a poche decine, non ne ho mai trovato uno che ricordasse i gas di Mai Ceu. I documenti che provano il contrario sarebbero dunque falsi? Neanche per idea. Quei documenti sono indubitabilmente autentici. Soltanto, vorrei dire a Del Boca, il quale ha parecchi anni meno di me, e quindi certe cose non ha fatto in tempo a vederle coi suoi occhi, che nelle guerre italiane il «fatto» non sempre, anzi quasi mai, corrisponde al «documento». Una volta, ricordo, di ritorno a Tirana dopo un paio di settimane trascorse sul fronte greco con gli Alpini della Julia, fui bersagliato alla mensa ufficiali di domande sulla loro «brillante» controffensiva di quei reparti. E siccome rispondevo che, nelle condizioni in cui erano ridotti, di «brillante» quei poveri ragazzi (alcuni dei quali si difendevano, per mancanza di munizioni, a sassate) non erano in grado di fare nulla, mi mostrarono i bollettini degli ultimi due o tre giorni che parlavano di «audaci manovre» e «vittoriosi assalti». La mia papera sui gas rimane, e ne chiedo scusa a lei ed ai lettori. Ma la verità in Italia ha sempre molte facce, tra le quali è facile sbagliarsi.
Indro Montanelli

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