IL VERO NODO

Astensione alle urne. La politica rischia

di Davide Rossi

Già cento anni fa, uno dei maggiori teorici della cultura giuridica e politica europea evocava lo spettro della crisi del sistema parlamentare e, più in generale, della democrazia: mi riferisco all’austriaco Hans Kelsen, il quale intravedeva il pericolo di una democrazia che, se non è diretta e partecipativa, rischia di diventare una mera finzione, svuotata di quel minimo contenuto rappresentativo che ne consente il pieno funzionamento. A queste acute e sempre valide considerazioni l’attualità ci impone una ulteriore riflessione, tratta dalla totale assenza di partiti politici che sappiano concretamente svolgere un ruolo valoriale e di mediazione nella società, da cui discende l’incombente nodo dell’astensionismo. La partecipazione alla vita politica è, infatti, il presupposto fondativo di una sana democrazia, in quanto elemento legittimante attraverso il consenso della cittadinanza. E se per un attimo riflettiamo come si sia passati da una partecipazione oceanica – con le cronache che narravano di code fuori dai seggi, del 2 giugno 1946 – a un’affluenza del 12% alle recenti suppletive per la Camera in un collegio di Roma, il quadro è cupo. 

E neppure il dato amministrativo, solitamente più sentito dal cittadino, ha recentemente offerto esiti confortanti.È indubbio, quindi, come si renda necessaria una seria riflessione su questo astensionismo dilagante, sia dal punto di vista politico - il cosiddetto astensionismo volontario, per protesta o indifferenza - ma anche da quello istituzionale. Se ormai il principio democratico non è più in discussione e nessuno teme davvero un ritorno a modelli dittatoriali, è altresì evidente che la sfiducia nei confronti della politica tende ad allontanare sensibilmente la cittadinanza. Ma è altrettanto chiaro come si debba intervenire su tutta una serie di condizioni per favorire la partecipazione al voto, posto l'enorme cambiamento subìto dalla società italiana in questo settantennio repubblicano. Basti pensare a tutta una serie di astensionisti involontari, in quanto semplicemente impossibilitati a recarsi alle urne: i grandi anziani, gli anziani con infermità oppure disabilità, i lavoratori o gli studenti fuori sede, senza tralasciare le occasionalità di motivi che, in un mondo accelerato e globale, porta molte persone a essere lontano dalle loro abitazioni nei giorni in cui si svolge la votazione.Inoltre, una campagna di sensibilizzazione da parte delle istituzioni potrebbe certamente favorire il coinvolgimento e rimuovere quegli ostacoli alla partecipazione al voto. Si potrebbe certamente prendere in considerazione la possibilità di creare edifici ad hoc, come concentrare le scadenze, di poter votare in seggi differenti da quelli di residenza, ma anche valutare esperienze estere in cui ormai è ampiamente diffuso il voto elettronico, favorito quello per corrispondenza o svolto in un momento anticipato, fino a spingersi verso il modello francese o belga, dove è addirittura normato il voto per delega.Queste, assieme a molte altre proposte, sono state presentate e valorizzate in un interessante «Libro Bianco per la partecipazione dei cittadini, come ridurre l'astensionismo e agevolare il voto» di recente realizzato dal ministero dei Rapporti con il Parlamento.Il problema dell'astensionismo è una questione molto seria, complessa e bivalente, che proprio per questo non può più essere lasciata in disparte o ignorata e deve invece essere necessariamente affrontata una volta per tutte, prima di ritrovarci con le istituzioni totalmente private di rappresentatività e svuotate di legittimazione popolare.

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