LA DURA REALTÀ

Chi produce e chi lavoro non può aspettare

di Federico Guiglia

Non siamo al celebre «whatever it takes» detto da Mario Draghi anni fa per far sapere a eventuali speculatori che la Bce da lui allora presieduta avrebbe fatto tutto il necessario per difendere l’euro nel momento della crisi economica più insidiosa per l’Europa. Ma adesso che la guerra in Ucraina già disegna uno scenario ancora peggiore e dai gravi risvolti economici per tutti, ecco che Christine Lagarde, al posto di Draghi dal 2019, ripropone un concetto simile per una situazione pur diversa e ben più pericolosa: la Bce «intraprenderà qualsiasi azione necessaria per adempiere il mandato di perseguire la stabilità dei prezzi e contribuire a preservare la stabilità finanziaria». L’impatto della guerra, dopo la pandemia, non poteva che spingere Francoforte a una presa di posizione decisa. Anche se poco influente sia rispetto al conflitto in corso e del quale nessuno può prevedere quando e come finirà (e perciò pure quali macerie economiche lascerà), sia al già avvenuto aumento di materie prime ed energia. Un aumento che mette in grande difficoltà la ripresa, a rischio i lavori pubblici e le iniziative dei privati, a disagio la gente quando fa la spesa: purtroppo l'eco delle bombe di Putin sovrasta quello degli annunci di Lagarde. L'incertezza e la sfiducia che la guerra fatalmente alimenta negli europei, e che mina lo sviluppo economico, induce la Bce a lasciare fermi i tassi d'interesse in attesa di capire l'evolversi della situazione. Ma c'è poco da attendere: l'inflazione è già tra noi, e poco consola la previsione degli esperti che essa resterà alta nel breve periodo per poi attenuarsi. La realtà è che la guerra rompe l'equilibrio temporale fra chi, per ruolo istituzionale, tende a riflettere sul mondo che verrà, e gli imprenditori, i lavoratori, le famiglie che oggi e subito pagano il costo del conflitto. Chi investe, chi esporta, chi crea lavoro e chi lo valorizza con la propria fatica non possono restare in attesa di tempi migliori. Dove la Bce e gli economisti non possono arrivare, deve invece arrivare la politica. Per far tacere le armi ed evitare l'«impatto economico molto forte» - come paventa Lagarde - che provocherebbe il blocco totale dell'importazione del gas russo, serve una «straordinaria» azione politica e diplomatica dei governi occidentali. Con o senza l'aiuto della Cina: la sfida è adesso, «whatever it takes».

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