L’editoriale

Il campione della porta accanto

di Federico Guiglia

Federico Guiglia A ciascuno i suoi eroi. Se gli altri possono affidarsi a Superman, Batman, Goldrake o l’Uomo Ragno, noi abbiamo Jannik Sinner. Un ragazzo di appena 22 anni, con la faccia da cartone animato e la camminata di uno che non si sente al centro del mondo, pur avendolo appena trionfato nel campo del tennis. Privo di superpoteri e senza forze sovrumane, è il nostro eroe. Eppure fortissimo, di quella forza interiore che si coltiva nella sana e troppo spesso dimenticata provincia italiana, dove l’educazione familiare e scolastica ha ancora un peso, l’amicizia è un valore e il talento non una virtù da esibire, bensì da coltivare. Da coltivare col sacrificio di chi si impegna non per fare soldi né carriera, ma perché ci crede. SuperJannik viene da un paesino di neanche duemila anime, Sesto Pusteria, lassù per le montagne tra le più belle delle Dolomiti. L’ospedale più vicino, dov’è infatti nato, si trova a San Candido. La sua storia è tutta da raccontare, perché neppure mamma Siglinde e papà Hanspeter, che continuano a lavorare - lui come cuoco, lei gestendo una casa vacanze in Alto Adige - come se niente fosse cambiato, si sono montati la testa per questo loro figlio che sta facendo sognare l’Italia. L’ultima impresa è già leggenda. Il nostro eroe, che aveva battuto Nole Djokovic, cioè il tennista forse più grande di tutti i tempi, e che in precedenza era stato decisivo per riportare la Coppa Davis in Italia dopo 47 anni, stava perdendo di brutto con Daniil Medvedev, un russo fuoriclasse e protagonista, oltretutto, della sua miglior partita dell’anno. Due set sui tre necessari per trionfare al torneo dello Slam di Melbourne, in Australia, erano già del vincitore annunciato Medvedev. Ma SuperJannik è ricorso alla tipica dote degli italiani intraprendenti e coraggiosi, che proprio al novantesimo, quando tutto sembra perduto, tirano fuori il meglio di sé. Dunque, s’è messo lì, con pazienza, astuzia, colpi straordinari e, un gioco dopo l’altro, ha fatto l’impossibile rimonta. Se oggi l’Italia festeggia la sua epopea, se gli italiani si rispecchiano in questo ragazzone magro e dai capelli rossicci che una volta chiese al suo allenatore una banana per sostenersi durante una partita - e l’allenatore, che non l’aveva, gli diede una carota: da ciò il tifo dei «carota boys» che lo seguono ovunque -, se le famiglie lo considerano un figlio dell’Italia migliore, e i bambini lo imitano, e i colleghi tennisti lo stimano, è perché SuperJannik è il ragazzo semplice e gentile della porta accanto. Orgoglioso quando indossa la maglia Azzurra, mai saccente. Se perde, il che - per nostra fortuna - succede sempre più di rado, non dà la colpa all’arbitro, ma la mano all’avversario. Né fa la vittima: «O vinco o imparo», dice ogni volta che affronta i giocatori un tempo più forti di lui. Perché ora è il tempo di Jannik Sinner, nuovo campione universale da Sesto Pusteria, Italia.

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