IL PUNTO

Il paese che resiste chiede garanzie

di Luca Ancetti

«Siamo consapevoli di quanto sia difficile cambiare le nostre abitudini. Ma purtroppo tempo non ce n’è: i numeri ci dicono che c’è una crescita importante dei contagi e delle persone decedute. Le nostre abitudini vanno cambiate, ora. Dobbiamo rinunciare tutti a qualcosa per il bene dell’Italia. E ci riusciremo solo se tutti collaboreremo. Ho deciso di adottare misure ancora più stringenti per contenere l’avanzata del Coronavirus». Non è il discorso di Draghi per annunciare la nuova stretta, ma le parole con le quali il 9 marzo 2020 l’allora premier Conte decretò il lockdown in tutto il Paese. È passato un anno e il Covid con tutte le sue varianti fa ancora paura. Il nuovo governo sta valutando l’eventualità di una fascia rossa nazionale, l’obiettivo è diminuire le relazioni tra le persone per interrompere l’ascesa della curva dei contagi. Nonostante la stanchezza collettiva e la disperazione di intere categorie, la maggioranza delle persone penso sia pronta a farsi inoculare l’ennesima dose di «sacrifici necessari», e, speriamo, di risarcimenti indispensabili, ma solo se il tempo del «fermi tutti» servirà ad avviare una vera campagna di vaccinazione di massa. Draghi ripeschi pure la parola lockdown, ma, per avere dalla sua parte i cittadini, dovrà abbinarla alla garanzia sul numero delle dosi di vaccino, subito disponibili, e ai criteri di somministrazione. Oggi l’Italia è una squadra sufficientemente allenata per partecipare alla corsa al vaccino. «Andrà tutto bene».

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