L’editoriale

Libertà etica il caso Pd e la politica

di Stefano Valentini

Ma fin dove arriva la libertà etica per chi fa politica? Da quando in Veneto è esploso il caso di Anna Maria Bigon, la consigliera regionale del Partito Democratico che con l’astensione non s’è allineata alle indicazioni del partito favorevole al provvedimento che avrebbe meglio regolato tempi e procedure del «fine vita» già avallato dalla Corte Costituzionale (e con quell’astensione contribuendo in modo decisivo alla bocciatura del testo), infuria il dibattito sulla libertà di coscienza per gli eletti dai cittadini. Si discute soprattutto nel partito di Elly Schlein, che s’è reso protagonista sia della delusione di buona parte dei suoi elettori d’accordo sul testo che è stato invece affossato proprio a causa del comportamento di una sua rappresentante, sia della controversa punizione politica inferta alla consigliera dissidente. A cui è stato revocato a tambur battente l’incarico di vicesegretaria del Partito Democratico provinciale di Verona «per il venir meno del rapporto di fiducia», come ha spiegato il segretario, Franco Bonfante, alludendo allo sconcerto degli iscritti e dei sostenitori dello stesso partito. Ma la vicenda-Bigon va ben al di là del discusso trattamento che è stato riservato a chi ha anteposto la libertà di coscienza all’ordine di scuderia, e che ha costretto la leader Schlein a intervenire per placare l’ira della componente cattolica. «Brutto segnale, inammissibile processare una persone per le sue idee», aveva ammonito l’ex ministro Graziano Delrio. Aggiungendo di voler confermare «ad Anna Maria la mia vicinanza e condivisione per le scelte compiute» e minacciando un’«autosospensione dal Pd». «No alla disciplina di partito su temi etici», gli aveva fatto eco un altro ex ministro, Lorenzo Guerini. «Mai pensato a una sanzione, s’è espressa una critica», aveva chiarito Elly Schlein. Che pure era stata dura con la dissidente che s’era astenuta, anziché uscire dall’aula, secondo le indicazioni del partito: «Se il Pd ti chiede di uscire, esci, perché l’esito di quella scelta ricade su tutti». Non è nel solo Pd che la questione etica si trasforma in polemica politica. Anche nel centrodestra, e sul «fine vita» nella stessa Lega, le posizioni non sono pronte, cieche e assolute. Ma l’esito della diversità d’opinioni di rado porta a così rapide e radicali decisioni come quella adottata dal Pd. In realtà, prima ancora della Costituzione, che all’articolo 67 tutela la libertà dell’eletto rispetto agli ordini del partito («ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato»), dovrebbe bastare il buonsenso per capire che sui grandi temi della vita non esistono, non possono esistere né destre né sinistre. Esistono persone che usano la propria testa secondo sensibilità e sentimenti prepolitici, cioè che attengono alla sfera intima e privata. E che il privato non sia per forza politico, lo abbiamo riscoperto da molto tempo. Almeno dalla fine del Sessantotto.

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