IL FLOP DI GLASGOW

Nuove eco tecnologie per ridurre il carbonio

di Carlo Pelanda

Nella Cop 26 di Glasgow i governi europei e quello statunitense hanno tentato di forzare le altre nazioni (quasi 200) a prendere impegni più precisi per limitare il riscaldamento del pianeta sotto i 2 gradi a fine secolo. Ma, pur ottenendo una minima convergenza nominale, non ci sono riusciti. I Paesi in via di sviluppo, in particolare India e Cina, quelli poveri e i produttori di petrolio e gas, hanno rifiutato un’agenda accelerata di abbandono dei combustibili fossili per non compromettere il loro sviluppo. Per lo meno questo punto è stato chiarito. E la prossima Cop 27 in Egitto probabilmente non supererà la differenza tra democrazie sviluppate che puntano al 2050 per ottenere la neutralità carbonica e il resto del mondo che dice di poterlo fare nel 2070, ma in realtà non ne ha l’intenzione anche perché, effettivamente, non ne ha le possibilità. Pertanto la speranza di un’eco-politica globale convergente è ridotta. Soluzioni? Il tema è aperto, ma chi scrive ritiene che la soluzione, prima di diventare politica, debba essere tecnologica e tripartita: (a) aggiungere al mix di fonti energetiche rinnovabili sia il nuovo mini-nucleare a fissione con poche scorie sia quello a fusione senza scorie; (b) accelerare la tecnologia di de-carbonizzazione diretta, cioè catturare la CO2 ma anche trasformarla in carbonio solido via catalisi; (c) incrementare la spesa di eco-adattamento per mitigare i rischi climatici. L’idea è che le democrazie evolute offrano al resto del mondo soluzioni reali, che poi sostengano la pressione politica de-carbonizzante.

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