Vallio Terme, dove il mare è ancora di tòcio

La zaffata odorosa di trippe calde in scodella, fumo stantìo di «Nazionali» e bocche alitanti fiatate vinose era la prima sensazione che assaliva i sensi all’ingresso delle osterie, i «pub» di una volta: gli odori all’interno, avvolgenti come un benvenuto. Ma già da prima di entrare in quei tiepidi rifugi, prima del naso e dell’olfatto, sin dall’esterno era l’udito a captare da lontano la meta vicina: la segnalava come un Gps musicale il canto degli stornelli d’osteria, oh pescator che peschi, la cumpagnia del fil de fer, se il mare fosse di tòcio. Cori improvvisati attorno a un fiasco, a voce piena, calda, allegra. Oggi ci sono i pub: non si canta più. Ma attenzione che a Vallio Terme, sabato, nei bar del paese ci sarà il Festival dei vecchi canti d’osteria: ci ricorderà l’allegria e il calore che abbiamo perduto, scomparsi come le trippe in scodella e le «Nazionali».

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