Teatro Aperto in città «Indemoniate» in scena

di Stefano Malosso
Valentina Bartolo: interpreta il ruolo di MargheritaTindaro Granata: premio Ubu, è il matto del paese MANUELA GIUSTO
Valentina Bartolo: interpreta il ruolo di MargheritaTindaro Granata: premio Ubu, è il matto del paese MANUELA GIUSTO
Valentina Bartolo: interpreta il ruolo di MargheritaTindaro Granata: premio Ubu, è il matto del paese MANUELA GIUSTO
Valentina Bartolo: interpreta il ruolo di MargheritaTindaro Granata: premio Ubu, è il matto del paese MANUELA GIUSTO

Isteriche, streghe, tarantolate. Nel corso della storia, le figure femminili non conformi alla società sono state emarginate appoggiandosi alle più disparate teorie. La Chiesa da una parte e la scienza dall'altra sono intervenute con violenza in nome della fede e della ragione, scordandosi che dietro a quelle figure si celavano degli esseri umani deboli, sofferenti. ESEMPIO culmine è il caso di isteria collettiva accaduto nell'Ottocento a Verzegnis, un remoto paesino della Carnia, oggetto dello spettacolo «Indemoniate», in scena questa sera alle 20.30 al Teatro Sancarlino per la rassegna «Teatro Aperto» promossa dal Centro Teatrale Bresciano. Il testo, scritto da Giuliana Musso e Carlo Tolazzi con il coordinamento registico di Elisabetta Pozzi, ripercorre la vera storia di trenta donne del paesino, che presentano sintomi di possessione diabolica, che «si contorcono orribilmente, strepitano e urlano come in voce da cane»: tra esorcismi collettivi, medici e l'intervento delle forze dell'ordine, la vicenda porterà i suoi personaggi dentro un manicomio. LO SPETTACOLO condurrà sul palco Valentina Bartolo nel ruolo di Margherita, giovane indemoniata, affiancata da Elisabetta Pozzi nel ruolo di sua madre e il Premio Ubu Tindaro Granata nel ruolo del matto del paese. «Da giorni studio il testo, un racconto nebuloso, onirico - spiega l'attore -. Sgarfe è il personaggio che fa avanzare la narrazione. Il matto spesso rappresenta la vox populi, dice quello che non si ha il coraggio di dire ma che si pensa. È una pagina del nostro passato che bisogna capire a fondo. Il mio personaggio ha visto con i propri occhi, quindi voglio vedere il più possibile». Nel destino di queste donne si legge tutta l'inadeguatezza della religione e della medicina di fronte a un fenomeno inafferrabile prima dell'avvento di Freud e Jung. Ma anche i pregiudizi di una società maschilista. «Da sempre la donna è simbolo di grande mistero - spiega l'attore -. Del resto, è un essere che partorisce la vita, e che quindi può sostituirsi a Dio. L'uomo la relega a essere inferiore perché fondamentalmente la invidia». «INDEMONIATE» assume così una forza attuale che sa parlare di chi viene relegato ai margini della società, ieri come oggi. «Dove c'è la conoscenza, c'è la salvezza - conclude Granata -. Questo testo ci ricorda che dobbiamo avere una grande conoscenza dell'altro». Una conoscenza che deve passare attraverso una nuova sensibilità. «Non esistono più i manicomi, ma esiste ancora la solitudine di chi sta male, e delle famiglie che gli stanno accanto. Quanto noi come comunità possiamo fare per queste persone? Chiedersi qual è la solitudine che sta attorno alla persona è un nostro dovere in quanto esseri umani». •

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