Buon compleanno Brescia! Leone anche a Wembley

di Gian Paolo Laffranchi
Carrellata di ricordi e stelle, dal Divin Codino ad Hagi, da Ambrosetti a Neri. E Bonometti che alza la coppa con la stessa felicità di Chiellini, proprio a Wembley, al Torneo Angloitaliano: «Quando ho visto l’Italia battere l’Inghilterra, nella finale per l’Europeo, in uno stadio tanto mitico...ho risentito il brivido di allora».
Il capitano del Brescia che espugnò Londra: Stefano Bonometti alza il Trofeo Angloitaliano, vinto il 20 marzo 1994 superando 1-0 il Notts County grazie a una rete di Lele AmbrosettiPep Guardiola:  25 presenze e 3 gol con il Brescia tra il 2001 e il 2003Il «pres» Gino Corioni premia Roberto Baggio al Rigamonti: il Brescia più bello TITO ALABISO
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Era l’anno dei Mondiali, quelli del 1994. Roberto Baggio era un ragazzo come noi ma giocava altrove: in Nazionale. Lo stesso Divin Codino che nel decennio successivo avrebbe scritto pagine di Storia biancazzurra, con la V sul petto. 1994: Gica Hagi, il Maradona dei Carpazi, faceva scintille nella Romania più bella che si ricordi. Lo stesso Hagi che pochi mesi prima vinceva a Londra il trofeo più prezioso in 110 anni biancazzurri, con la V sul petto. Buon compleanno, Brescia. Buon compleanno con i tuoi campioni che fanno giri immensi e poi ritornano, Baggio e Hagi ma non solo (l’elenco è infinito). Buon compleanno da 110 e lode, tanti auguri e quante fotografie da accarezzare riguardandole cento e più volte ancora... 1994, certo: Wembley Stadium, Torneo Angloitaliano, 1-0 al Notts County. Il gol di Lele Ambrosetti, Maurizio Neri festante con la maglia dei Timoria e Stefano Bonometti che alza la coppa con la stessa felicità di Giorgio Chiellini meno di una settimana fa. «Quando ho visto l’Italia battere l’Inghilterra, nella finale per l’Europeo, in uno stadio tanto mitico... Ho risentito il brivido di allora», racconta Bonometti. Il primatista di presenze nella storia del Brescia (421) si emoziona ancora oggi: «Era la squadra di Lucescu, la più bella in cui ho giocato insieme a quella della doppia promozione con Pasinato. E quella vittoria a Wembley rimane». Cos’è il Brescia? Bonometti non ci pensa un secondo: «È una vita, la mia. È quasi 25 anni con gli stessi colori. Da 20 non ne faccio più parte, ma la Storia rimane. Rappresenta tutto per me, è gioie e dolori. Tante cose». Tante. Il Brescia è il «pres» Corioni che piange dopo la salvezza drammatica del 5 maggio 2002, pochi mesi dopo aver detto addio fra le lacrime allo Sceriffo Vittorio Mero. È Baggio, il calciatore italiano più amato di sempre, che cade, si rialza, salva 4 volte il Brescia e avrebbe meritato un’altra chance mondiale come questa squadra avrebbe meritato la Champions, altro che una finale Intertoto e stop. È Pep Guardiola, il miglior allenatore vivente, che si fa bastare pochi mesi per stabilire un legame d’affetto che regge all’usura del tempo. È l’orgoglio dei campioni del mondo: «Spillo» Altobelli che ha scelto questa città per la vita, Andrea Pirlo che qui è nato e cresciuto, Luca Toni che coi consigli di Carletto Mazzone è «diventato giocatore». Il Brescia è i tiri terrificanti di Gigi De Paoli, i contropiede furenti del Bisonte Hübner, il fiuto implacabile dell’Airone Caracciolo (nessuno bomber quanto lui: 179 centri) come le rovesciate di Tullio-gol Gritti nella doppia scalata dalla C alla A a metà anni ’80. È la squadra di Saleri & Simoni che rischiava di retrocedere e finisce promossa. Il ritorno all’ovile dei ragazzi diventati allenatori, da Vicini a Corini passando per De Biasi e Cagni. È il senso di appartenenza di Egidio Salvi che dribbla e torna indietro per dribblare ancora («lo facevo per essere sicuro che il difensore avesse capito»), che quando è in gioco la salvezza contro il Catania va a calciare il rigore anche se non è uno specialista: «Scappavano tutti e io ero il capitano, bresciano nel Brescia. Dovevo tirare. Toccava a me». Il senso del dovere che fa gol al destino.•. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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