Più audacia se vogliamo che la fortuna ci aiuti un po’

Il rosario non è un amuleto. E non ha aiutato il Brescia a vincere la maledizione del gol e delle vittorie. Anzi, altro che rosario e scaramanzia! Mentre vedevo Cellino, in tribuna, che lo stringeva tra le mani pensavo: «Qui serve un miracolo!». Un miracolo sportivo, si intende. Scherza coi fanti e lascia stare i santi! Parliamoci chiaro: ora come ora non è più il tempo degli schemi, bisogna solo attaccare a spron battuto, con 3-4 persone fisse in attacco per cercare di creare palle gol. Sempre nell’area avversaria. Il problema è che il Brescia non gioca male, costruisce. Ma, quando arriva in zona offensiva, non scarica la palla del cannone. Carica, carica, ma la miccia si inceppa e, giocoforza, gli avversari ne approfittano e col minimo sforzo prima o poi riescono a ferirci e ad abbatterci. Quanti sono gli attaccanti a disposizione? E subito si inseriscono, tutti o quasi: bisognerebbe da subito approfittare della velocità di Rodriguez (più avanzato) e Bianchi, attaccanti di ruolo. Ed è possibile vedere all’opera sulla mancina Pace, che nelle poche apparizioni concesse aveva ben figurato? Non c’è più nulla da perdere, non è possibile cedere così le armi. Brescia non merita la C. Non esiste. Dipende però solo da noi, non dagli amuleti. Ecco perché bisogna essere audaci se si vuole che la fortuna ti aiuti. Essere audace significa «che agisce noncurante dei pericoli o dei rischi a cui va incontro». In una parola: attaccare, attaccare e ancora attaccare. La vittoria ad Ascoli è un imperativo. •. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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