L'intervista

«Vi racconto la mia Ungheria da record. Agli Europei non vorrei trovare l'Italia»

di Vincenzo Corbetta
Parla Marco Rossi Ct della nazionale magiara ed ex difensore del Brescia
Marco Rossi, 59 anni: è il commissario tecnico dell'Ungheria dal 2018
Marco Rossi, 59 anni: è il commissario tecnico dell'Ungheria dal 2018
Marco Rossi, 59 anni: è il commissario tecnico dell'Ungheria dal 2018
Marco Rossi, 59 anni: è il commissario tecnico dell'Ungheria dal 2018

Marco Rossi l'ha fatto ancora: ha riportato all'Europeo l'Ungheria. Il pari di una settimana fa con la Bulgaria (2-2) ha garantito la qualificazione con un turno d'anticipo. E il vittorioso incontro contro il Montenegro (3-1)  a Budapest è stata la consacrazione. Per Rossi, 59 anni, per 5 stagioni terzino sinistro del Brescia (164 partite e 10 reti dall'88 al '93), il momento magico continua.

Rossi, che ne dice di una bella sfida con l'Italia agli Europei?

Spero proprio di no.

Teme gli azzurri?

L'ultima partita che l'Ungheria ha perso era proprio con l'Italia nel settembre 2022. Da allora siamo la Nazionale che ha la più lunga striscia positiva al mondo. Prima c'era l'Argentina, che però ha perso con l'Uruguay. Siamo imbattuti da 12 partite. Bene, benissimo. Ma sappiamo che non ci si può cullare sugli allori. Nel calcio, come si raggiunge un obiettivo, le aspettative si alzano.

La sua Ungheria è da record

Questa è la terza volta di fila che va a una fase finale: nel 2016 era stata ai Mondiali, con me è arrivata 2 volte agli Europei e anche questo non era mai accaduto. Un traguardo storico. E se arrivo bene alla fine degli Europei, come numero di presenze in panchina potrei addirittura eguagliare Sebes.

Gusztav Sebes, ct dell'Ungheria dei mitici Puskas e Hideguti, che nel 1954 arrivò seconda ai Mondiali in Svizzera perdendo in finale con la Germania Ovest. Come si trova a Budapest?

Bene. Un mese fa mi hanno dato la cittadinanza, ora ho il doppio passaporto. Ormai vivo a Budapest da tanto tempo. Se voglio fare bene il mio mestiere di ct, devo stare qui. In futuro non so cosa accadrà. Di recente ero ospite a una trasmissione sportiva della Tv di Stato ungherese e mi hanno chiesto se rimarrò qui per sempre. Tra il serio e il faceto ho risposto che non dipende tanto da me, ma dai risultati. Nel calcio, come nella vita, non c'è certezza di nulla. Bisogna sempre pensare a un eventuale piano B. In linea di massima l'intenzione mia e del mio staff è rimanere qui fino alla scadenza del contratto, il 31 dicembre 2025, alla fine delle qualificazioni per il Mondiale.

Sarebbe una prima volta per lei con l'Ungheria.

Sì, la prima volta per me ma un ritorno per l'Ungheria dopo 40 anni: l'ultimo lo fece in Messico nel 1986. Una sfida molto stimolante. Lavoro con ragazzi giovani, giovanissimi e meno giovani, tutti molto professionali, alcuni autentici talenti. Ma c'è un cruccio.

Ovvero?

Mi manca il lavoro quotidiano sul campo.

Tornerebbe ad allenare un club, magari dopo i Mondiali del 2026 con l'Ungheria?

Non mi dispiacerebbe. Nel club puoi determinare di più, in Nazionale i giocatori li vedi solo per qualche giorno.

Quanto li ha avuti per le ultime sfide contro Bulgaria e Montenegro?

Dal lunedì, quando li ho ritrovati, alla domenica pomeriggio: grossomodo sei giorni per preparare partite di questa importanza. Lo stress è esponenziale, non c'è tempo per lavorare.

Per l'Europeo vi troverete prima?

Sicuro. Abbiamo programmato di far finire il campionato ungherese insieme a quello inglese e tedesco, dove gioca qualcuno dei miei.

E in Italia?

Ne abbiamo 2 potenziali convocati: il difensore Balog del Parma e il mediano Nagy del Pisa, per me imprescindibile ma nel suo club trova poco spazio.

Il motivo?

In un centrocampo a 2, è indispensabile avere chi recupera il pallone insieme a un giocatore più tecnico. Altrimenti si fa fatica.

Come trovò l'Ungheria al suo arrivo nel 2018?

Quando ho accettato l'incarico, lo scoramento era generale. La Nazionale non riusciva a fare nemmeno 15 mila spettatori. Adesso, come mettono in vendita i biglietti, li polverizzano in una mezza mattinata. Col Montenegro c'erano 70 mila persone ma sarebbero occorsi 3 stadi pieni da 70 mila per soddisfare tutte le richieste. C'è un'euforia incredibile: momento magico.

Come va a Budapest?

Mi fermano ovunque per foto, autografi. Mai vissuto una dimensione così. Le 2 curve piene domenica? Una gridava il mio nome, l'altra il mio cognome. E così per minuti.

Visto che al Brescia è tornato Maran?

Sì. E nel 2005, dopo che salvai in anticipo il Lumezzane che tutti davano per morto già a Natale, Corioni mi contattò per allenare. Ci speravo, poi scelse Maran.

Come giudica il lavoro di Spalletti con l'Italia?

Ha operato in tempi ristretti in una situazione non facilissima. La qualificazione è un buon risultato, meno buono che l'Italia sia in quarta fascia. Ma avendo 6 mesi di tempo, con non meno di 4-5 amichevoli da disputare, la Nazionale azzurra arriverà tirata a lucido. Ha tantissimi giocatori che giocano nei migliori campionati. E spero davvero di non incontrarla.

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