La Nazionale, come un’orchestra malandata, ha qualche trombone, qualche solista che stona e qualche discreto suonatore. Quando funzionava bene, il complesso produceva concerti deliziosi e il «maestro» Mancini veniva lodato. Ora c’è chi ne vuole le dimissioni, c’è chi si chiede perché, dopo aver invocato i giovani, non abbia fatto giocare Scalvini e gli altri convocati. C’è anche chi sottolinea come, dopo 29 anni, non c’erano juventini in azzurro. E siccome i giocatori bianconeri avevano quasi sempre costituito l’ossatura della Nazionale, c’è stato chi ha messo in relazione questa strana coincidenza con quello che è successo in campionato alla Juve (-15). E Locatelli, Fagioli, Miretti? La storia si ripete e già era successo con Bearzot, Vicini, Sacchi, tecnici prima idolatrati e poi esecrati. Domenica a Malta la possibilità di riscattarsi ma non sarà sufficiente per parlare di rinascita del nostro calcio. A Tà Qali il Ct cambierà, facendo riferimento probabilmente alla formazione del secondo tempo di Napoli. Mancheranno Bonucci e Barella. Ma è l’andazzo generale che lascia preoccupati. Dai tempi della vittoria di Wembley, la Nazionale si è «sciolta», sia per la mancanza di giocatori di grandi prospettive in alcuni ruoli (regia, attacco), sia per l’invecchiamento di qualche elemento. Inutile illudersi con gli oriundi. Mateo Retegui è l’ultimo: l’italo-argentino, dopo essere apparso all’inizio un pesce fuori d’acqua, ha segnato nella ripresa dicendosi felice di essere approdato in azzurro. La verità è che la crisi della Nazionale ha origini più semplici: non ci sono più i giocatori «italiani» di spessore e, quanto agli «oriundi», con Retegui, in formazione a Napoli c’erano anche Toloi e Jorginho, naturalizzati. Intanto l’Italia è passata dall’euforia al pessimismo nel giro di un anno. «Sapevamo che la partita era difficile e nel primo tempo abbiamo subito due gol su due corner», ha detto Mancini finita la gara con l’Inghilterra, persa per 2-1. «Poi però nel secondo tempo abbiamo dominato e avremmo dovuto cercare di fare almeno il pareggio. Ci dispiace ma la strada è lunga». Lunga, ma non troppo. Domenica a Malta è vietato sbagliare. Su questo ci sono pochi dubbi: un altro passo falso sarebbe deleterio e scatenerebbe una pioggia di critiche. Non si preoccupa, almeno apparentemente, il presidente del Coni Giovanni Malagò: «La nazionale un cantiere aperto? Se lo dice Mancini credo che abbia il polso della situazione. Nella vita tutto è sempre un cantiere poi bisogna vedere se devi cambiare un infisso oppure devi rifare tutta la facciata o l’intero palazzo» ha detto il numero uno del Coni commentando a Napoli il ko della nazionale contro l’Inghilterra. «In genere», ha spiegato a margine della cerimonia adel Premio Bearzot, organizzato dall’Us Acli con il patrocinio della Figc, «se una squadra va bene cambi poco e niente, se va meno bene bisogna incidere un po’ di più. Mancini sa cosa si deve fare. Mi spiace per il risultato», ha ribadito, «perché sono andato a salutare i ragazzi della squadra e poi in serata allo stadio, ma non si può aver tutto dalla vita». •.