L'INTERVISTA

Stankevicius: «A Brescia cresciuto come uomo grazie a tanti campioni di umiltà»

di Alessandro Maffessoli
Arrivato in silenzio in quello che è stato il team più forte della storia biancazzurra: Marius si è fatto apprezzare dai vari Baggio, Guardiola e Toni
Esultanza Stankevicius-Di Biagio
Esultanza Stankevicius-Di Biagio
Esultanza Stankevicius-Di Biagio
Esultanza Stankevicius-Di Biagio

•• È arrivato in silenzio in quello che è stato il Brescia più forte della storia. Biondo, dal fisico imponente, sembrava il sosia del dj svedese Basshunter. Ma a Marius Stankevicius è bastato poco tempo per farsi apprezzare. Impegno e lavoro lo hanno portato presto a trasformarsi in un jolly prezioso e insostituibile per difesa (centrale o terzino destro) e anche centrocampo (in fascia). Un gregario silenzioso e perfetto per i vari Baggio, Guardiola e Toni che oggi spegne 40 candeline. Stankevicius, come è nata l’idea di venire a giocare a Brescia? Dopo una partita pareggiata dalla mia nazionale, la Lituania, contro l’Italia. Alla fine mi chiesero la disponibilità di venire in Italia. E la risposta è stata ovviamente positiva... Sì. Il desiderio di venire a Brescia ha avuto la meglio su tutto il resto. Avevo già trovato un accordo quinquennale con la Lokomotiv Mosca. Contento? Una scelta che rifarei. In quella famosa partita contro gli azzurri non ha fatto toccare palla a campioni affermati... Ho giocato una buona partita, è vero. E di fronte a me c’erano mostri sacri come Del Piero, Inzaghi e Vieri. Mi vengono ancora i brividi. Cosa le hanno detto in Lituania? Tanti amici mi hanno detto “guarda, sei stato fortunato“. E io ho risposto dicendo che ero stato davvero fortunato per aver avuto la possibilità di potermi esprimere in quella partita. Ero giovane e stavo giocando le prime partite in nazionale: aver potuto affrontare l’Italia è stata una cosa straordinaria. Com’è stato il suo impatto a Brescia? Stupendo. Ero arrivato nella squadra più forte della storia del Brescia. Penso a Guardiola, Roberto Baggio, Petruzzi, Calori, Mangone, Schopp, Toni e i gemelli Filippini. Non potevo credere che quell’occasione stava capitando proprio a me. In campo si trovava a suo agio? Si vedeva la differenza di qualità con gli altri compagni. In quel momento fisicamente ero forte, ma a livello tecnico e tattico dovevo crescere e maturare. Ha impiegato poco per dimostrare di meritare di far parte di quel gruppo. Ho dimostrato che si può sempre migliorare. Non è vero che se non impari da piccolo determinate cose, poi non cresci. Volontà, impegno e spirito di sacrificio fanno tanto. E ti portano a raggiungere livelli di qualità più elevati anche se non più giovanissimo. Volete un esempio? Certo, ci dica. Luca Toni, un ottimo ragazzo e un grande talento. È esploso a 23 anni e poi avete visto tutti cosa ha fatto. Ha segnato valanghe di gol in tutte le squadre dove ha giocato ed è diventato campione del Mondo con l’Italia. Il tempo non conta, ma alla fine paga. Quanto ha inciso sui suoi miglioramenti l’aver condiviso lo spogliatoio con grandi campioni? È stata la mia fortuna, perché è a giocare con i bravi giocatori che puoi crescere sotto ogni punto di vista. Lì ho imparato a giocare ad alti livelli e affrontare la pressione che mi sarebbe servita poi più avanti per giocare anche la Champions League. Questione anche di carattere... Indubbiamente sì. Determinazione, lavoro e rispetto devono essere regole nella vita di un calciatore. Con l’arroganza non si arriva da nessuna parte, ma con l’umiltà di sapersi mettere in gioco e volersi migliorare si possono fare grandi cose e ottenere risultati straordinari. Quali sono stati i suoi esempi? Baggio, Guardiola e i gemelli Filippini mi hanno trasmesso tanto, soprattutto dal punto di vista umano. Dobbiamo ricordarci bene che il calcio è un gioco e che non salviamo vite umane: l’umiltà è una virtù che dovrebbe arrivare prima di tutto. Ci sono partite disputate con il Brescia e altre che vorrebbe avere la possibilità di rigiocare? Tra le gare memorabili metto i derby contro l’Atalanta, perché ti caricano e ti regalano grandi stimoli. E non vorrei rigiocare altre partite, nemmeno quelle perse. Perché anche la sconfitta fa crescere e fa parte del processo di maturazione. Ha da poco intrapreso la carriera di tecnico: è soddisfatto? Ho guidato il Lumezzane, ora avrò l’impegno con la nazionale Under 21 lituana, dove dovremo conquistare la qualificazione per l’Europeo. La mia filosofia non cambia: cercherò di trasmettere gli insegnamenti ricevuti per aiutare i giovani a crescere e formarsi non solo come calciatori. Ma come uomini. Come archivia l’esperienza in rossoblù? Dovevamo vincere e siamo arrivati primi. Purtroppo siamo mancati nello spareggio. I nostri avversari si sono dimostrati più squadra in quel frangente, però i ragazzi hanno dato tutto. Da compagno di squadra di Agliardi e Caracciolo a loro allenatore: che effetto le ha fatto ritrovarli a Lumezzane? Federico e Andrea sono due grandi professionisti: hanno aiutato il gruppo e mi ha fatto piacere averli avuti a disposizione. Che ricordo conserva di Brescia? Stupendo. Vivo in provincia, ho tanti amici qui. Sento spesso i gemelli Filippini, ma anche Edo Piovani, Stefano Gelona il dottor Fabio De Nard. Cosa pensa del nuovo Brescia? Ho sempre seguito la squadra con affetto. Il progetto di Cellino è diverso rispetto a quello di Corioni, ma vedo esperienza e volontà per fare bene. Sarebbe bello poter ripercorrere quanto prima i tempi che ho avuto modo di vivere da calciatore. Oggi è il suo compleanno: non resta che farle tanti auguri. Grazie di cuore.•. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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