L'INTERVISTA

Mircea Lucescu: "A Brescia mi sento come a casa. Guardiola? Si è ispirato a me..."

di Vincenzo Corbetta
L'ex allenatore è in città, ad accompagnarlo la moglie Nelly e lo storico amico bresciano Angiolino Rizzola e il ritrovo è lo stesso: il ristorante-pizzeria Bella Napoli di via Montebello

Mircea Lucescu in città è un classico che non tramonta, anzi ogni volta emoziona: ad accompagnarlo la moglie Nelly e lo storico amico bresciano Angiolino Rizzola. Il ritrovo è lo stesso, il ristorante-pizzeria Bella Napoli di via Montebello. Un pranzo con spaghetti al pomodoro («nessuno li cucina come il cuoco Carmine») e polipo, poi autografi e foto ai tifosi. Un giovane aspirante calciatore, che siede al tavolo a fianco, gli chiede un consiglio: «L’amore per il calcio è tutto. Complimenti per il fisico, vedo che ci tieni: avanti così», la risposta di Lucescu al ragazzo, che ringrazia emozionatissimo. Il colloquio con l’allenatore delle 2 promozioni in A (1991-92 e 1993-94) e dell’unico trofeo in bacheca (l’Anglo Italiano vinto nel tempio londinese di Wembley nel 1994, 1-0 contro il Notts County), verte sul passato. Non è il caso di intristirsi ulteriormente con il presente.

Lucescu, la settimana scorsa in città c’era Guardiola. Baggio ci torna regolarmente. E anche lei, 2-3 volte l’anno, non manca. Cosa ha Brescia di speciale?

È bellissima, molto tranquilla, non ci sono grandi pressioni, si può lavorare molto bene. Facilmente ti fai degli amici, non è difficile adattarsi alle abitudini locali e questo è molto importante.

Lei è arrivato in Italia nel ’90 portato da Romeo Anconetani, mitico numero 1 del Pisa. L’anno dopo Gino Corioni la ingaggiò per il Brescia. Come ha conosciuto il presidente?

Mi ricordo che Ermanno Zacchini, un rappresentante italiano, organizzava le partite delle squadre rumene in Italia. Con la mia Dinamo Bucarest ho giocato a Bologna, dove ho visto Corioni per la prima volta. Nell’89 ho affrontato la Sampdoria nei quarti di finale di Coppa delle Coppe: 1-1 a Bucarest, 0-0 a Cremona. In quell’occasione Corioni ci invitò nella sua azienda a Ospitaletto. Ci offrì l’abbigliamento e le attrezzature sportive, in più avevamo il marchio Saniplast sulla maglie anche in Europa. Da quel momento siamo rimasti amici.

L’amicizia è diventata presto un rapporto professionale.

L’anno dopo tornai per una serie di amichevoli. Affrontammo anche il Bologna, lo allenava Maifredi. Vedendo come giocava la mia Dinamo, con giocatori giovani, Corioni rimase entusiasta. Mi voleva subito, nel ’90 era subito dopo la rivoluzione in Romania. Nel frattempo Anconetani mi fece più pressione e alla fine firmai per il Pisa.

L’approdo a Brescia è stato rimandato solo di un anno.

Brescia è stata la mia fortuna, soprattutto incontrare Corioni, uno dei migliori presidenti che ho avuto. Con lui il calcio era calcio, le partite erano partite: importantissime. Ma al di fuori eravamo uniti: giocavamo a tennis. Un amico più che un presidente. A Brescia, grazie anche a lui, ho vissuto uno dei periodi più splendidi della mia vita.

Lei fu tra i primi a notare il talento sconfinato di un giovanissimo Pirlo.

Le racconto questa. Partita del torneo Anglo-Italiano su un campo pesantissimo: affrontiamo l’Ipswich Town al Rigamonti.

Era l’11 ottobre 1995.

Stavamo vincendo per 2-1, nel finale mando in campo Pirlo che aveva solo 16 anni. A centrocampo perde il pallone. Niente di male, può capitare ma la nostra difesa è distratta e subiamo il 2-2. La partita finisce con questo punteggio. Negli spogliatoi Luzardi viene da me arrabbiatissimo: ma perché lo ha messo in campo in un momento così delicato? Mister, è troppo giovane.

La sua risposta?

Quello è un grande talento, in poco tempo sarà il centrocampista più bravo del mondo ma dobbiamo aiutarlo a diventare grande. E bisogna anche permettergli di sbagliare. Con Pirlo sono sempre rimasto in ottimi rapporti.

Dispiaciuto che Guardiola l’abbia raggiunta al 2° posto nella classifica degli allenatori più vincenti di sempre. Con 34 trofei a testa davanti c’è solo Ferguson con 49.

Posso fare una premessa?

Prego.

Vorrei vedere gli allenatori dell’Ovest andare a lavorare all’Est, dove è molto più difficile. Qui c’è tutto a disposizione: grandi società, attrezzature super. Il livello è altissimo, puoi comprare quelli che vuoi. Io all’Est ho sempre lavorato con i giovani. Matuzalem, Willian, Douglas Costa, Mkhitaryan, Fernandinho, Luiz Adriano: li ho presi tutti a 18 anni. Le grandi squadre non possono permettersi di aspettare un talento, preferiscono i calciatori esperti di 27-28 anni, se non addirittura oltre i 30.

Dopo la vittoria della Champions con il Manchester City, Guardiola l’ha indicata come uno dei suoi ispiratori.

E ha ragione. A Brescia abbiamo vissuto nella stessa casa, in via Amba d’Oro: lui è arrivato dopo che sono andato via io. Quando ci siamo incontrati a Montecarlo per la Supercoppa europea, nel 2009, gli ho detto: sono state le mie pareti a ispirarti, hai respirato le mie idee in quella casa di via Amba d’Oro. Con Pep rapporto eccezionale.

È rimasto alla Dinamo Kiev nonostante la guerra. Com’è la situazione adesso?

Difficile, molto difficile. Nessuno sa come andrà a finire.

E come si fa a pensare al calcio in un contesto del genere?

Spesso si interrompe l’allenamento e devi andare nel rifugio. Durante le partite di campionato può suonare l’allarme: si smette di giocare, si va di corsa negli spogliatoi, si aspetta un’ora, poi si riprende. Non c’è il pubblico. Come si fa a pensare al calcio? Se non ci fosse il calcio, sarebbe tutto più difficile. Il pallone dà la sensazione che la vita sta continuando. Per questo non ho lasciato l’Ucraina, dove ho trascorso momenti eccezionali. Con lo Shakhtar ho vinto anche in Europa con giocatori che sono arrivati in grandi squadre. Quando è scoppiata la guerra, il 24 febbraio dell’anno scorso, tutti sono andati via.

Lucescu no.

Dovevo rimanere anche quando le cose si sono messe al peggio: questione di responsabilità, di rispetto per la gente e per i tifosi.

L’anno prossimo la Dinamo Kiev giocherà in Europa.

Sì, in Conference, Abbiamo venduto i migliori in Inghilterra e Spagna, la rosa è fatta di calciatori di 19-20 anni, stanno crescendo bene. 

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