Sprofondo Brescia: è un derby di svolta ma verso il baratro

di Vincenzo Corbetta
Florian Ayé e Holmbert Aron Fridjonsson a fine gara: l’immagine della delusione SERVIZIO FOTOLIVE / Simone Venezia
Florian Ayé e Holmbert Aron Fridjonsson a fine gara: l’immagine della delusione SERVIZIO FOTOLIVE / Simone Venezia
Florian Ayé e Holmbert Aron Fridjonsson a fine gara: l’immagine della delusione SERVIZIO FOTOLIVE / Simone Venezia
Florian Ayé e Holmbert Aron Fridjonsson a fine gara: l’immagine della delusione SERVIZIO FOTOLIVE / Simone Venezia

•• Non è la sconfitta ma tutto quel che c’è intorno. A spalti pieni che immagine avrebbe dato il Brescia di sé? Cosa era quel caos a bordo campo nella ripresa, mentre la squadra naufragava, affogata in 5 minuti dall’uno-due di Ciofani dopo l’illusorio vantaggio di Ayé, ormai il santino cui votarsi sperando in un miracolo? Che ci faceva il presidente Cellino a bordo campo? E gli scatti del vice Gastaldello da una parte della panchina e poi verso i nuovi box deserti per colloquiare con Clotet, lì esiliato dopo l’espulsione? Uno che non parla l’inglese (Gastaldello), l’altro che non spiccica mezza parola di italiano (Clotet): un tandem ben assortito, davvero. Chi fa che cosa, chi allena chi, chi comanda? E la squadra? Poi si può discutere sul resto: se il Brescia meritava il pareggio o no (il 2-2 ci stava, ma gli avversari hanno giocato decisamente meglio), se il rigore dell’1-1 concesso alla Cremonese è stato troppo generoso, se quell’inesistente fuorigioco fischiato a Donnarumma tra i due gol di Ciofani abbia pesato o meno sull’andamento della gara: il centravanti, rimesso in gioco da un tocco di Fiordaliso, si sarebbe involato solo verso la porta grigiorossa. Sì, ha pesato e subito dopo sono saltati i nervi in panchina (rosso diretto a Clotet) e la squadra ha avuto una distrazione fatale sul gol che l’ha condannata all’ennesima debacle. Tutto giusto, per carità, e su queste colonne non si è mai esitato a puntare il dito sui fischi stonati degli arbitri, sulle incertezze dei guardalinee, che nelll’epoca del Var senza il Var sono dilettanti allo sbaraglio. Resta la sostanza, illustrata dalla classifica che dice una cosa impietosa: il Brescia è in zona play-out. A furia di cambiare allenatori, di dare troppo peso a questo o a quello, di non innervare la società di figura rilevanti, i risultati sono questi. La Cremonese ha dato pieni poteri a uno del curriculum e della competenza di Braida; il Brescia avrebbe Perinetti, che non è l’ultimo arrivato, ma cosa fa, cosa gli è consentito fare? La squadra è lo specchio di quel che si vede fuori. Inizia contratta, troppo bassa di baricentro, meno tonica rispetto alle ultime settimane. La Cremonese ha 3 punti in meno, viene da 2 sconfitte, ha l’infermeria zeppa della batteria di difensori centrali. Eppure gioca, prende il sopravvento, si espone al contropiede biancazzurro ma tiene il pallino. Ogni tanto il Brescia ha un bagliore. Come in occasione del gol: Chancellor dalla linea mediana verticalizza per Skrabb, il quale fa lo stesso per Donnarumma, assist che serve a far proseguire il momento magico di Ayé, al 5° gol nelle ultime 4 gare, 7 in tutto in campionato. Ma si vede che è una situazione provvisoria. E infatti, nella ripresa, si materializza il ribaltone grigiorosso. Il Brescia non sta a guardare, prende pure l’incrocio esterno con Ragusa, quasi costringe all’autorete Gustafsson. Però a un certo punto si priva di Skrabb, l’unico trequartista di ruolo, e di Donnarumma che esce quasi incredulo. Entra Fridjonsson e nessuno che gli metta più uno straccio di cross. Il finale è buttare il pallone in avanti, Chancellor che fa la punta aggiunta, l’esaltazione dei riflessi di Joronen che per 3 volte tiene in gioco il Brescia, la desolazione che si fa paura. È tutto quello che c’è intorno al Brescia. •. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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