l'intervista

Mircea Lucescu: «Supercoppa turca: ecco com'è andata Non mi ritiro, presto sarò in panchina»

di Vincenzo Corbetta
Maestro - Mircea Lucescu, 78 anni: con il Brescia doppia promozione in A nel '91-92 e nel '93-94
Maestro - Mircea Lucescu, 78 anni: con il Brescia doppia promozione in A nel '91-92 e nel '93-94
Maestro - Mircea Lucescu, 78 anni: con il Brescia doppia promozione in A nel '91-92 e nel '93-94
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Mircea Lucescu è a casa sua a Bucarest dopo la disavventura in Arabia Saudita. La Federcalcio turca l’aveva invitato per la finale di Supercoppa del 29 dicembre a Riad fra Fenerbahce e Galatasaray.

Lucescu, allora come è andata a Riad?
Semplicemente gli arabi non hanno accettato la richiesta della Federcalcio turca di far suonare l’inno nazionale prima della partita e di esporre uno striscione che celebrava i 100 anni della Repubblica di Turchia e onorava il fondatore Ataturk. Così tutti si sono rifiutati di giocare

Come l’ha saputo?
Ero in albergo insieme a Montella, il ct della Turchia. Un’ora e mezza prima dell’inizio ci hanno avvisato di aspettare ad andare allo stadio, c’erano problemi. Dopo mezzora lo stop definitivo e nessuno è andato allo stadio, nemmeno le squadre.

E il giorno dopo?
Alle 9 del mattino ci hanno fatto trasferire all’aeroporto. Strano, il volo di ritorno per Istanbul era previsto per le 14. Ma ci hanno fatto anticipare la partenza alle 11.15.

E i tempi di attesa?
In verità si sono allungati per i controlli minuziosi delle forze dell’ordine in aeroporto: foto digitali, impronte, perquisizioni ma niente di più. Semplicemente non si è giocata la partita.

È la prima volta che accade.
Sì, ma potevano mettersi d’accordo prima, no?

Certo che questa è niente rispetto all’avventura di quando ha lasciato l’Ucraina e raggiunto Bucarest dopo un avventurosissimo viaggio di decine di ore in auto attraverso la Moldavia.
Volevo restarci fino alla fine, ma a Kiev l’atmosfera era diventata molto pesante. Adesso i russi hanno di nuovo bombardato Kiev e le altre città ucraine, la situazione è sempre più difficile. Sono rimasto 3 anni in quelle condizioni, avevo costruito una squadra, la Dinamo, che è quella al mondo con più giovani dell’Accademia.

Si spieghi meglio.
In Germania hanno pubblicato una statistica secondo la quale in questa stagione la Dinamo Kiev ha una media 83 minuti giocati a partita dai giovani cresciuti nel proprio vivaio. Pensi che i francesi del Rennes, secondo in questa classifica, arrivano a 62. Ho costruito una rosa per il futuro, ma la Dinamo gioca senza pubblico, sempre lontano da casa, ogni volta deve coprire distanze enormi. Ma l’importante è sopravvivere e il calcio, credetemi, aiuta tantissimo in tempo di guerra anche se si gioca lontano.

In Ucraina ha lavorato per 15 anni: 12 allo Shakhtar e 3 alla Dinamo: è la sua seconda patria?
Di patria ce n’è una sola e per me è la Romania. Però in Ucraina ho vissuto buona parte della mia carriera. E ho preso giocatori sconosciuti di 16-17 anni che adesso sono protagonisti nei maggiori campionati europei. Pensi che il Brasile per anni ha convocato regolarmente Fernandinho, Willian, Douglas Costa, Marlos, Fred.

E di Mkhitaryan, che a quasi 35 anni fa ancora la differenza nell’Inter?
Il mio pupillo. Il giocatore lo conosciamo tutti, ma è soprattutto un grandissimo uomo. Intellettuale del calcio, parla 5 lingue, molto intelligente. Fa la differenza, da me correva 12 chilometri a partita, molto rapido di testa e sul campo, con me ha fatto tantissimi gol giocando centrocampista. Non mi sorprende la carriera.

Borussia Dortmund, Manchester United, Arsenal, Roma, Inter.
Appunto, grandissime squadre. Al mio presidente dello Shakhtar lo feci prendere a poco dal Metallurg, una squadra ucraina medio-piccola, e lo ha rivenduto a tanto. Avevo subito visto le sue qualità.

Una volta Stefano Bonometti, intervistato da Bresciaoggi, ha detto: se avessi avuto Lucescu allenatore a 20 anni anzichè a 30, avrei giocato in Nazionale.
Un grande complimento, davvero.

Ma in quel Brescia tutti la riconoscono come maestro: Quaggiotto, Giunta, De Paola, Saurini...
Anche Ganz di recente ha dichiarato che allena seguendo il mio esempio, le mie idee. Ne sono orgoglioso. Dopo anni riconoscono la bontà del mio lavoro. Anche Marco Rossi, il ct dell’Ungheria, dice che gli ho lasciato un’impronta. E con me è stato solo un anno, perché poi Corioni l’ha venduto alla Sampdoria.

Questo è il riconoscimento di come lei viene definito: un vero e proprio insegnante di calcio.
Ho sempre pensato non solo allo sviluppo tecnico del giocatore ma alla sua crescita mentale, emozionale: questo fa la differenza per arrivare ad altissimo livello.

È vero che torna ad allenare?
È vero che non mi sono ritirato. Ho lasciato la Dinamo perché mia moglie Nelly aveva paura a trasferirsi a Kiev e non mi andava di saperla a casa sola e angosciata per me. Ho una passione infinita, ma dipende dalla salute.

Sarà il Besiktas in Turchia?
Sto valutando tutto.

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