«Una decisione dolorosa, ma necessaria Il segreto del successo? La famiglia»

Il sorriso bellissimo e dolcissimo di Elena e Nadia Fanchini, strette in un abbraccio
Il sorriso bellissimo e dolcissimo di Elena e Nadia Fanchini, strette in un abbraccio
Il sorriso bellissimo e dolcissimo di Elena e Nadia Fanchini, strette in un abbraccio
Il sorriso bellissimo e dolcissimo di Elena e Nadia Fanchini, strette in un abbraccio

Dopo 26 anni di gare, sono sempre più unite. Elena e Nadia Fanchini da oggi non sono più nei ranghi della Nazionale di sci alpino anche se fanno ancora parte del Gruppo Sportivo Fiamme Gialle. La favola sportiva delle azzurre di Montecampione, che per qualche tempo hanno camminato insieme anche alla sorella più piccola Sabrina, si conclude con il sorriso sulle labbra e la certezza di avere fatto la scelta giusta, sofferta ma inevitabile. Elena e Nadia Fanchini, l’addio allo sci agonistico era nell’aria ormai da qualche mese. Ma quando avete deciso di chiudere? Elena: è stata una decisione sofferta ma giusta. Negli ultimi anni ho dovuto affrontare problemi fisici di ogni genere: dal tumore all’intestino all’ennesimo infortunio. Questo è un giorno che non avrei mai voluto arrivasse ma è giusto così. Nadia: quando ho saputo di essere incinta ho iniziato a ragionare sul mio addio all’attività. Ci pensavo già da un paio di stagioni. Ne ho parlato con Devid e gli altri familiari alla fine ho detto basta. La vostra è comunque una favola a lieto fine. Siete sempre riuscite a superare ostacoli e avversità. Elena: sicuramente. Però so soltanto io cosa ho dovuto affrontare. Entrare in sala operatoria molto spesso non aiuta il fisico e il morale. Però ho sempre trovato la forza per tornare a galla. Ma senza tutti gli infortuni anche la mia carriera sarebbe stata diversa. Ma non è il momento di piangermi addosso. Nadia: anch’io sono stata costretta spesso e volentieri a ricorrere alle cure dei medici. Ho subito infortuni devastanti ma ogni volta ho tirato fuori il cuore e alla fine sono riuscita quantomeno a rimettermi in piedi. In una carriera agonistica c’è sempre un momento particolarmente gioioso e un altro invece in cui si vede tutto nero. È stato così anche per voi? Elena: sì. Il giorno della conquista della medaglia d’argento al Mondiale di Bormio-Santa Caterina Valfurva ho provato un’emozione intensissima. Come quando ho vinto a Lake Louise e a Cortina d’Ampezzo. Il giorno più nero è quando mi è stato diagnosticato il tumore all’intestino subito dopo il giorno di Natale. Nadia: ho sempre accettato tutto, e quindi mi sento di dire che le emozioni provate, negative e positive, sono state tutte importanti. Tante vittorie, tante giornate radiose, quasi sempre vissute con le persone che vi vogliono bene. Elena e Nadia: siamo veramente felici perché tante volte abbiamo condiviso i successi con i nostri familiari: siamo sempre stati uniti e lo saremo anche in futuro. Quando una vicenda sportiva così lunga si conclude c’è sempre qualche persona da ringraziare. Elena e Nadia: in primis grazie a mamma Giusy, papà Sandro, alla sorella Sabrina, ai nostri compagni Denis e Devid. Oltre alle compagne di squadra, ai tecnici, alle Fiamme Gialle, alla Federazione, agli sponsor, agli amici e ai tifosi che non ci hanno mai lasciate sole. Li abbracciamo tutti. Avete già pianificato il futuro? Elena: prima di tutto devo guarire perfettamente dopo l’infortunio di dicembre 2017. Sono ancora in convalescenza e sto svolgendo la riabilitazione. Sicuramente rimango in Finanza: mi hanno sempre trattato molto bene e intendo ripagare la fiducia. Naturalmente, ogni volta che potrò, metterò gli sci ai piedi: è quello che so fare meglio. Cercherò anche di coccolare i miei nipotini Nicolò e Alessandro che non vedo da parecchio per via dei Coronavirus. I figli di Sabrina e Nadia hanno portato una gioia immensa in famiglia. Nadia: sono ancora in maternità ma sicuramente rimarrò alle Fiamme Gialle. Intanto penso a stare vicino ad Alessandro, che è vispo e bello come nessuno al mondo. È proprio per lui che ho deciso di smettere: lasciarlo a casa senza la mamma per 250 giorni all’anno sarebbe stato troppo. Gli infortuni, le paure e i dubbi si superano con la riabilitazione. Un figlio ha bisogno della propria madre. •

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