L'intervista

Calderoli: "Autonomia nel 2023. E riporterò al voto le Province"

di Giuseppe Spatola
Parla il ministro per gli Affari regionali: "Il lavoro di chi mi ha preceduto? Nullo, quella di Mariastella Gelmini era solo una bozza informale. Con me il testo della legge sulle deleghe sarà pronto per il Cdm entro questo Natale"
Il ministro Roberto Calderoli con la premier Giorgia Meloni
Il ministro Roberto Calderoli con la premier Giorgia Meloni
Il ministro Roberto Calderoli con la premier Giorgia Meloni
Il ministro Roberto Calderoli con la premier Giorgia Meloni

Nessuno vuole dividere il Paese o avvantaggiare le regioni più ricche, le Autonomie sono la strada maestra per ricucire il Nord e il Sud dell'Italia mentre il ripristino della Provincia come ente intermedio sarà necessario per la gestione della stessa autonomia territoriale. Roberto Calderoli, ministro per gli Affari regionali e le Autonomie, in questa intervista con Bresciaoggi indica la strada che entro un anno cambierà il volto dello Stato in chiave autonomista.

In questa scelta autonomista c'è forse l’intenzione di dividere l’Italia?

Ma quando mai. Le regioni che fino a oggi si sono dimostrate più sensibili sull’autonomia, anche a guida Pd, sono andate alla ricerca delle materie che specificatamente possono tornare utili al loro territorio per le condizioni sociali ed economiche. Come dire che le richieste di autonomia sono sulle questioni per cui sono più votate.

In questo senso il percorso scelto, con il coinvolgimento del Parlamento, potrà aiutare verso una legge che non sia quella quadro proposta fino a oggi?

Il coinvolgimento delle Camere va a incidere ovviamente rispetto a quello che è la procedura. Ora, penso che se la legge di attuazione potrà servire a un coinvolgimento del Parlamento in modo da convincere gli incerti e dare un quadro percorribile con tappe scadenzato nel tempo, allora sono arrivato all'ipotesi della legge di attuazione. Ma l’intesa rimane tra Stato e Regioni. Quando si stabilirà la procedura per arrivare ad una intesa e come si arriverà ad averla, si penserà alle coperture. Una volta arrivati alla pre-intesa verrà trasmessa al Parlamento che si esprimerà. Quindi si arriverà al Consiglio dei ministri.

I tempi sono quindi dettati da una agenda già discussa anche con i governi precedenti...

La discussione sull’autonomia è come un motore che non si è mai spento, tenuto sempre al minimo senza che qualcuno ingranasse la marcia. Invece voglio fare la messa a punto di questo motore oramai acceso da 5 anni e poi mettere la marcia.

Il traguardo sarà Natale per portare il testo della legge al Cdm?

Qui deve esserci la collaborazione di tutte le Regioni e a cascata di comuni e ogni singola provincia. La prima condivisione la voglio avere con il territorio. Dopo il passaggio con le forze politiche, il passaggio alle conferenze unificate degli enti e quindi in Cdm. Bisogna correre per avere entro l’anno una prima bozza. Perché sono passati tre ministri prima di me e non hanno mai portato nulla in Consiglio dei ministri.

Anche per non far rimanere lettera morta il referendum sull’autonomia di Lombardia e Veneto.

Il giorno del giuramento da ministro al Quirinale è coinciso con il quinto anniversario del referendum sull’autonomia. Dopo 5 anni un ulteriore nulla di fatto sarebbe uno schiaffo ai cittadini lombardo-veneti, ma anche per quelle regioni che non avendo scelto la via referendaria, ma avendo, lo deliberato come Regione, la richiesta di autonomia l’hanno fatta. Le aspettative sono costituzionali.

Quanto ha inciso politicamente sul consenso della Lega questo ritardo?

Tantissimo. All’epoca al referendum c’era stata una partecipazione al voto altissima. C’è stata molta sensibilità sul tema. È stata una delusione: non solo non si è portata a casa l’autonomia ma non si è avviato neppure il percorso.

Eppure l’ex ministro Mariastella Gelmini ha ripetuto come tutto fosse in dirittura di arrivo e poi la Lega ha fatto cadere Draghi...

Ma non era pronto nulla. La sua è una bozza che per riuscire a recuperarla dovrò fare il carbonaro. Di formale non c’era nulla.

Insomma da Boccia alla Gelmini sono stati ministri all’Autonomia solo di facciata?

Il referendum è di 5 anni fa nell’ultimo scampolo del governo Gentiloni. Era stata una finzione. Francesco Boccia è tra i frenatori, ma Bonaccini, di cui si parla come possibile segretario Pd, e il presidente toscano Giani ne sono tra i più convinti sostenitori. In fondo non credo che ci siano difficoltà vere da parte di quel partito. Poi è stata presentata la legge quadro e non si è fatto nulla. Quando eravamo al governo con i cinquestelle l’autonomia non piaceva agli alleati. Fine misera anche con il Conte 2. E con Draghi lasciamo stare.

Che sogno ha nel cassetto?

Spero di non arrivare al prossimo 22 ottobre 2023 senza una legge sull’attuazione. Una volta fatta quella occorrerà fare le intese e i trasferimenti. In questa legislatura buona parte delle materie richieste dalle regioni dovranno essere trasferite alla competenza locale.

In questo senso il Veneto aveva chiesto 23 competenze costituzionalmente anche ammissibili...

Loro le hanno chieste perché lo dice la Costituzione. Ma io darò un consiglio, con buon senso e ragionevolezza. Occorre andare in progressione. Alcune materie richiedono una complessità per cui la Regione deve attrezzarsi per fare una funzione legislativa e una parte amministrativa. Ma sono cose nuove. Se devi prendere uno o due competenze hai il tempo per organizzare. Ma 23 farebbero tremare i polsi anche a me...

Forse la priorità che porranno le singole Regioni sarà quella del fisco locale?

Io quella parte dei contenuti non voglio entrare. Spetterà alle regioni fare i loro passi e le proposte che dovranno essere recepite dal governo.

Ma Fratelli d’Italia, oramai primo partito in Lombardia e pure in Veneto, è in sintonia con il vostro progetto autonomista?

Avrò un incontro mercoledì con Lombardia, Veneto ed Emilia, che sono le Regioni che hanno avuto rapporti formali con il governo. A seguire coinvolgerò tutte le altre realtà territoriali che hanno deliberato la richiesta di autonomia e tra queste ci sono anche enti governati da Fdi. Il principio è sempre quello della sussidiarietà. Secondo me devi far fare al livello istituzionale inferiore quello che è in grado di fare meglio di te. La sensibilità viene proprio dal territorio.

Il passaggio necessario però sarà quello di rivedere ruolo e competenze degli enti territoriali come la Provincia?

La mia assoluta volontà è di concorrere con il ministero degli Interni, che ha responsabilità, per la revisione del testo unico degli Enti locali. Il capitolo Provincia è la cosa più urgente: con la Delrio abbiamo stabilito un sistema transitorio che prevedeva che fino all’entrata in vigore della legge costituzionale che aboliva l’ente, le stesse avrebbero dovuto esistere con l’elezione indiretta e la partecipazione dei sindaci. Per questo intendo riproporre l’elezione diretta di presidente e Consiglio provinciale. Anche perché alcune competenze che venivano gestite bene in casa sono state centralizzate dalle Regioni. Alla Provincia saranno ri-attribuite competenze locali dirette. Questa è la mia idea di Stato delle autonomie.

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