il caso

Anellini «elaborati»: il consigliere regionale Carlo Bravo rimedia una denuncia per i tordi

di Paolo Baldi
Il capannista bresciano, eletto a Milano con Fratelli d'Italia, evoca un clima di persecuzione: «Troppi cacciatori irreprensibili sono sanzionati»
Gli anellini identificativi dei richiami vivi sono spesso la causa di denunce per manomissione
Gli anellini identificativi dei richiami vivi sono spesso la causa di denunce per manomissione
Gli anellini identificativi dei richiami vivi sono spesso la causa di denunce per manomissione
Gli anellini identificativi dei richiami vivi sono spesso la causa di denunce per manomissione

 Non è stato un esordiente, perché nel precedente mandato elettorale i carabinieri forestali, in quel caso della stazione di Gavardo, avevano contestato i sigilli apposti alle zampe di alcuni uccelli dall’allora (e attuale) consigliere regionale leghista Floriano Massardi, portavoce dei cacciatori. In questa stagione venatoria, invece, a essere protagonista di un «bis» tra gli inquilini di Palazzo Lombardia, sempre con una denuncia per manomissione di sigilli, è stato Carlo Bravo, altro votatissimo capannista bresciano eletto a Milano con Fratelli d’Italia: gli anellini apposti sui tarsi di alcuni dei suoi tordi esposti in un capanno a Pozzolengo non hanno convinto, e stavolta a denunciarlo sono stati i carabinieri forestali del reparto specializzato Soarda.

La dichiarazione di Bravo

Il consigliere conferma la denuncia, che ipotizza appunto la modifica dei sigilli per poterli sistemare su esemplari diversi da quelli ai quali erano destinati, non vuole offrire dettagli, a partire dalla location dell’appostamento teatro del controllo venatorio, e si limita a commentare l’episodio disegnando qualcosa di simile a un quadro persecutorio della categoria. «Sta succedendo la stessa cosa a tante persone - ricorda -. Persone che non hanno mai ricevuto una sanzione e che si ritrovano accusate di un reato penale. Io - aggiunge amareggiato - ho semplicemente lavorato per cambiare la gestione degli anellini dei richiami vivi perché si possa continuare ad andare a caccia».

Ha effettivamente lavorato molto Carlo Bravo. Nei giorni scorsi, per perorare gli interessi della categoria, ha anche incontrato nuovamente il ministro Francesco Lollobrigida, altro sponsor del mondo venatorio, e non è un mistero che lui e altri esponenti di questo mondo entrati in politica, prima e dopo il loro impegno elettorale, abbiano ripetutamente esercitato pressioni per «alleggerire» proprio la presunta «invadenza» dei controlli dei militari del Soarda, che anche quest’anno, con la nuova edizione dell’Operazione pettirosso attuata nel Bresciano, hanno denunciato decine e decine di persone (il bilancio della campagna autunnale sarà pubblicato nei prossimi giorni) per abbattimento di specie protette, uso di anellini falsificati su richiami vivi non di allevamento ma di cattura illegale, impiego di richiami elettroacustici e trappolaggio.

Un bilancio pesante

Nell’elenco delle operazioni dei giorni scorsi c’è stato anche un arresto, per il possesso di un fucile da caccia illegale, e anche questa volta, molte delle denunce sono state a carico di cacciatori. Tornando a Bravo, è stato sponsor e coprotagonista di una serie di modifiche della legge regionale sulla caccia (di prossima pubblicazione sul Burl); modifiche che, come ricordato più volte in questi ultimi mesi da tutte le più importanti associazioni ambientaliste, sembrano ignorare le contestazioni contenute nella procedura Pilot che la Commissione europea ha aperto recentemente nei confronti dell’Italia, per l’aggiramento delle direttive europee sulla tutela degli animali selvatici e per un impegno non adeguato nella repressione del bracconaggio e di un traffico illegale di avifauna che ha dimensioni colossali.

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