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"Gli eroi sono tutti giovani e belli. Solo il fato li vinse": l'omaggio a Mario Rigamonti

A 75 anni dalla tragedia di Superga, dove perse la vita il difensore bresciano, un biglietto e una rosa sulla lapide fuori dallo stadio di Brescia che lo ricorda

"Gli eroi sono tutti giovani e belli...Solo il fato li vinse. 4 maggio 1949 - 4 maggio 2024". Poche ma profonde parole (di Francesco Guccini ne La Locomotiva) e una rosa rossa, posta sopra la lapide dedicata al difensore bresciano Mario Rigamonti, fuori dallo stadio, nel giorno dell'anniversario della tragedia di Superga.

Chi era Mario Rigamonti?

Mario Rigamonti, che ha dato il nome allo stadio cittadino (ma anche a quello di Capriolo), è stato un calciatore bresciano morto nella tragedia di Superga del 4 maggio del 1949. Nato a Capriolo il 17 dicembre 1922, mosse i primi passi calcistici nel Brescia per poi, ad appena 19 anni, approdare al Torino. Ma fu solo nel secondo Dopoguerra a raggiungere "fisicamente" la squadra piemontese - giocò in prestito nel Brescia il torneo bellico del 1944 e nel Lecco il Torneo lombardo del 1944/45 - diventando la roccia difensiva dei granata.

La sua carriera

Un combattente in piena regola, veniva definito: duro e coraggioso, talvolta rabbioso negli interventi. Rigamonti giocò nel Torino 140 partite di campionato, contribuendo alla vittoria di quattro scudetti. Considerato l'erede naturale di Carlo Parola e destinato a diventare titolare fisso in nazionale, la sua carriera e i suoi sogni vennero spezzati dalla tragedia di Superga dove perse la vita insieme ai suoi compagni di squadra.

Rigamonti ebbe il tempo di giocare solo tre partite nella Nazionale italiana: l'11 maggio 1947 a Torino contro l'Ungheria battuta per 3-2 (in quella partita la formazione titolare che scese in campo era formata esclusivamente da granata eccetto uno, un primato imbattuto), il 14 aprile 1948 a Parigi contro la Francia (vittoria per 3-0) e il 27 marzo 1949 a Madrid contro la Spagna (vittoria per 3-1).

L'indimenticabile trio

Insieme a Valerio Bacigalupo e a Danilo Martelli formava il "trio Nizza", così chiamato dal nome della via in cui abitavano: tre "pezzi grossi" del Grande Torino. Perse (e persero) la vita nella tragedia di Superga il 4 maggio 1949.

La tragedia di Superga: 4 maggio 1949

Era il 4 maggio del 1949 quando alle 17,03 un'aereo di linea (un trimotore Fiat G.212Cp della compagnia Ali), decollato da Lisbona alle 9,40 (fece uno scalo a Barcellona) e con a bordo 31 persone tra cui l'intera squadra del Torino (e quindi della Nazionale), i dirigenti, gli accompagnatori ma anche l'equipaggio e tre giornalisti sportivi, si schiantò contro la Basilica di Superga a 675 metri di quota.

Il compito di identificare le salme fu affidato all'ex commissario tecnico della Nazionale Vittorio Pozzo. I funerali si svolsero il 6 maggio nel Duomo di Torino con la partecipazione di oltre 600mila.

Le ultime ore

L’ultima partita giocata dagli invincibili del Grande Torino prima della tragedia fu il 3 maggio allo Stadio nazionale di Jamor di Lisbona, per un'amichevole contro il Benfica: si concluse 4-3 e per il Torino segnarono Ossola, Bongiorni e Menti.

Il fato...

In due della rosa torinese non presero parte alla trasferta portoghese: il difensore Sauro Tomà, infortunato al menisco, e il portiere di riserva Renato Gandolfi. Non partirono nemmeno il presidente del Torino Ferruccio Novo, per una broncopolmonite; il capitano della Primavera granata Luigi Giuliano, da poco tempo in prima squadra e influenzato; il calciatore Tommaso Maestrelli, non riuscì a rinnovare in tempo il passaporto; l'ex ct della Nazionale Vittorio Pozzo; il radiocronista Nicolò Carosio, per la cresima del figlio.

Le cause della tragedia

Probabilmente fu il maltempo, la causa di tutto. Il forte vento, si ipotizza, spostò dal normale sentiero di discesa l'aereo e lo allineò con la collina di Superga e non con la pista di atterraggio. Dalle indagini emerse, inoltre, che l'altimetro era rimasto bloccato sui 2mila metri, ingannando i piloti: in realtà erano ad appena a 600 metri dal suolo.

Si schiantarono così, forse senza nemmeno accorgersene, contro il terrapieno posteriore della basilica di Superga ad una velocità di 180 chilometri orari. Non vennero infatti riscontrati tentativi di virata. Delle 31 persone a bordo non si salvò nessuno.

L'omaggio del mondo del calcio 

Il campionato che non era ancora finito (mancavano 4 partite) costrinse i granata a schierare la formazione giovanile. La risposta degli avversari (Genoa, Palermo, Sampdoria e Fiorentina) fu colma di rispetto, perché fecero lo stesso. Al termine del campionato, il Torino venne proclamato Campione d'Italia dalla Federcalcio: fu il sesto titolo per i granata e il quinto consecutivo. Un gruppo destinato ad essere ricordato nella storia come il Grande Torino. La squadra tornerà a vincere lo scudetto solo 27 anni più tardi (stagione 1975-1976).

La tragedia colpì tutto il Paese ma in particolare il mondo del calcio: l'anno successivo, ancora scossi da quanto accaduto, i giocatori della Nazionale italiana non ce la fecero a prendere un aereo per partecipare ai Mondiali in Brasile, ma optarono per spostarsi in nave, impiegando circa due settimane per arrivare a destinazione. 

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