ITALIA

Scoperte le talpe
del boss: sono
due carabinieri

L'identikit di Matteo Messina Denaro
L'identikit di Matteo Messina Denaro
L'identikit di Matteo Messina Denaro
L'identikit di Matteo Messina Denaro

Due investigatori, carabinieri, il tenente colonnello Marco Zappalà, carabiniere  in servizio alla Direzione investigativa antimafia di Caltanissetta, e Giuseppe Barcellona, un appuntato in forza alla Compagnia di Castelvetrano, sono stati arrestati con l’accusa di favoreggiamento alla mafia e accesso abusivo al sistema informatico. Per la Procura di Palermo hanno passato informazioni su inchieste in corso a carico del boss latitante Matteo Messina Denaro. In carcere anche l’ex sindaco di Castelvetrano Antonio Vaccarino. 

Barcellona, ex appartenente al Ros dell’Arma, era in servizio al Norm della Compagnia di Castelvetrano e svolgeva attività di indagine su delega dei pm di Palermo anche sulla cattura di Messina Denaro. In particolare si occupava dell’ascolto delle intercettazioni telefoniche e ambientali. Accedendo abusivamente al sistema informatico il carabiniere ha fotografato i verbali di trascrizione di una conversazione registrata tra due indagati che parlavano della famiglia mafiosa di Castelvetrano, paese del padrino ricercato, e di un possibile nascondiglio del boss. Da qui l’accusa di accesso abusivo al sistema informatico per l’appuntato. Ma Barcellona non si sarebbe limitato a questo, e a marzo del 2017 ha girato a Zappalà la foto della conversazione intercettata. Zappalà a sua volta l’ha inviata per email a Vaccarino.

 

L’ex sindaco di Castelvetrano, già condannato per traffico di droga, figura da anni al centro delle vicende relative al latitante trapanese con cui ha intrattenuto una fitta corrispondenza. Appena i magistrati captano l’email ricevuta da Vaccarino, nel frattempo tenuto sotto controllo, scatta l’inchiesta. Barcellona viene inquisito per rivelazione di segreto d’ufficio. Il giorno dopo aver ricevuto l’email l’ex sindaco, massone con un passato di confidente degli 007, incontra un mafioso e trafficante di droga ufficialmente titolare di una impresa di pompe funebri, Vincenzo Santangelo, e gli rivela parte del contenuto della conversazione intercettata in cui si fa il suo nome. Nel dialogo i due indagati intercettati commentano negativamente il fatto che Santangelo non avesse fatto pagare il funerale del pentito Lorenzo Ciamarosa ai familiari. Per Vaccarino scatta l’accusa di favoreggiamento. Non è stato provato, ma i magistrati lo ritengono altamente probabile, che le «talpe» abbiano fatto filtrare anche la parte del dialogo intercettato in cui si parlava del nascondiglio del latitante Messina Denaro.

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