TRAVAGLIATO. Il Tribunale dei minori ha dichiarato l’adottabilità del piccolo di 4 anni e della sorellina di quattordici mesi. I legali di Elena Perotti annunciano battaglia

Sfregiò l'ex con
l'acido, le tolgono
i due figli

di Giancarlo Chiari
Elena Perotti di spalle abbraccia  il legale  Maria Cristina Tramacere
Elena Perotti di spalle abbraccia il legale Maria Cristina Tramacere
Elena Perotti di spalle abbraccia  il legale  Maria Cristina Tramacere
Elena Perotti di spalle abbraccia il legale Maria Cristina Tramacere

Il Tribunale dei minori ha dichiarato lo stato di adottabilità di entrambi i figli di Elena Perotti, la madre condannata in via definitiva a otto anni di carcere per lesioni gravissime dopo aver sfregiato con l’acido l’ex fidanzato William Pezzulo. La missione punitiva organizzata per «vendicarsi» di quello che riteneva fosse il responsabile della sua gravidanza scattò il 20 settembre del 2012 a Travagliato. Con il complice Dario Bertelli, la ragazza - che all’epoca aveva 23 anni - entrò in azione mentre era all’ottavo mese di gravidanza. Aspettava il figlio che sarebbe nato il 26 ottobre e che William Pezzulo, oggi invalido al cento per cento a causa delle ustioni provocate dall’acido nonostante gli oltre 30 interventi chirurgici subìt’, non ha mai riconosciuto. A dicembre 2015 il bimbo venne allontanato dalla madre per volere del tribunale. Un mese dopo, la giovane madre, diplomata all'Arnaldo di Brescia, diventò mamma per la seconda volta di una bimba frutto dell’unione con il marito conosciuto in comunità. Ora la sentenza del Tribunale dei Minori di Brescia che ha depositato una dichiarazione di adottabilità per i bambini, un maschio di quasi quattro anni e una femmina di quattordici mesi.

«MANDATEMI in carcere, ma non toglietemi i figli - ripete Elena Perotti da quando ha appreso della decisione dei giudici -. Penso sempre a quella maledetta sera. Ho fatto male a William, alla sua famiglia, alla mia famiglia e ora ai miei bambini che stanno pagando i miei errori».

La 28enne è stata condannata in via definitiva a otto anni di carcere per lesioni gravissime e successivamente, in primo grado, a un anno e sei mesi per stalking sempre nei confronti dell’ex fidanzato. In cella non è mai entrata. Potrebbe finirci ora per scontare i due anni di condanna che ancora deve scontare.

«Non ho paura del carcere, l’ho detto anche durante il processo - afferma Elena Perotti -. Mandatemi in prigione, ovunque, ma non separatemi per sempre dai miei figli. I servizi sociali hanno sempre detto che sono stata una brava mamma».

Elena Perotti da un anno ormai vive lontana dai due bambini che il tribunale dei minori le ha tolto con un provvedimento provvisorio. «La piccola aveva due settimane, mentre il grande meno di 4 anni quando me li hanno tolti. In questo anno li ho visti due volte alla settimana e non so - afferma in lacrime - come comunicare al mio bimbo che non ci vedremo mai più».

IL SUO LEGALE, l’avvocato Maria Cristina Tramacere, annuncia il ricorso contro l’adottabilità. «Impugneremo la sentenza in appello e se sarà necessario anche in Cassazione e alla Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo - spiega il legale -. Credo che la scelta del Tribunale dei Minori sia stata influenzata da quanto deciso a Milano sul caso di Martina Levato».

Il riferimento è alla coppia condannata per aver sfregiato con l’acido due ex fidanzati della studentessa bocconiana condannata in appello a 20 anni. Per il figlio dei due amanti di Milano nato durante il processo, il tribunale dei minori ha disposto l’adottabilità in due gradi di giudizio.

Stupito del provvedimento di adottabilità si dichiara anche l’avvocato Giovanni Migliorati, l’altro legale di Elena Perotti. «L’ultima relazione dello psicologo del tribunale dei minori trasmessa al tribunale di sorveglianza indicava chiaramente un percorso di affidamento a una famiglia del bimbo di 4 anni che contemplasse tuttavia anche gli incontri e la presenza della mamma naturale. La misura di adottabilità avrà pesanti ripercussioni sul bimbo e rischia di compromettere anche il delicato processo di recupero di Elena Perotti che dovrebbe essere lo scopo di fondo della pena».

«È una sentenza disumana, come le tragedie greche che ho studiato al classico - afferma la mamma dei bambini -. Per me non c’è alcun rispetto della mia dignità di donna, di mamma, di moglie e di persona. So di avere commesso un gravissimo reato: ho sbagliato e questo è impresso nel mio cuore e nella mia mente, lo sarà per tutta la vita. Ho chiesto perdono e, pur sapendo che sarà difficile ottenerlo, continuerò a chiederlo: sono pentita più di quanto si possa immaginare. Tutto questo, tuttavia, non può togliere ai miei figli il diritto di avere una famiglia che li ama. Mio marito, senza colpa, non ha potuto neppure coccolare nostra figlia, non ha potuto tenere in braccio la sua bambina che ci è stata strappata due settimane dopo la nascita. Non riesco ad immaginare che la nascita di una figlia possa essere una colpa: è frutto del nostro amore e l’amore non è una colpa. Non c’è nulla che giustifichi una sentenza contro i diritti di questa bambina e del suo papà. Lui non ha colpe, ma gli hanno tolto la figlia che è l’espressione dell’amore su cui stiamo costruendo una nuova vita in cui gli affetti contano».

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