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Hugo Ball e «Il boia di Brescia», in bilico tra brutalità e spiritualità nella Brescia del 1311

di Marco Tiraboschi
L’opera, poco conosciuta anche in Germania, è stata tradotta in italiano solo recentemente e pubblicata, in un’edizione a cura di Francesco Ferrazzi e Lorenzo Gafforini, da Fara Editore
Hugo Ball
Hugo Ball
Hugo Ball
Hugo Ball

Il 5 febbraio 1916 in un oscuro cabaret tra le fredde strade di Zurigo nasce il Cabaret Voltaire, centro culturale rifugio di artisti europei sfuggiti alla guerra nella neutrale Svizzera. Uno dei fondatori è Hugo Ball, scrittore e registra teatrale, personaggio controverso la cui opera ha dato origine alla corrente dadaista. I primi decenni del XX secolo sono una «culla» di avanguardie artistiche dirompenti che creano una, almeno apparente, profonda scissione con l’arte precedente. Tutto quello che viene considerato tradizionale è stato sistematicamente sovvertito, smontato, rivisto, spazzato via nell’ottica di un futuro rinnovatore. Hugo Ball, in quegli anni, scrive una pièce teatrale che si chiama «Il boia di Brescia», ambientata sorprendentemente nella nostra città.

L’opera, poco conosciuta anche in Germania, è stata tradotta in italiano solo recentemente e pubblicata, in un’edizione a cura di Francesco Ferrazzi e Lorenzo Gafforini, da Fara Editore. Lo scritto è ambientato durante il noto assedio di Brescia del 1311 da parte dell’esercito di Enrico VII, ma i nomi, i fatti e i riferimenti sono modificati, adattati alle necessità narrative. La storia si svolge in un grottesco bordello che ha le sembianze di un convento, dove sono state imprigionate la regina, moglie dell’assediante e le sue ancelle. Il destino della donna è quello di essere obbligata a prostituirsi con i nobili della città, ma la principessa Roswitha, una delle sue ancelle, assume la sua identità sacrificandosi per lei.

Il personaggio principale è Luigi, il boia di Brescia, uno psicotico in bilico tra brutalità e spiritualità che nel terrore della punizione divina, compie i più atroci crimini: «... ma qualcosa si è risvegliato in me e strattona la catena di giorno e di notte. Abbaia nelle mie orecchie. Gli rido forte in faccia, non posso più sedermi, stare in piedi o sdraiarmi di giorno e di notte: si abbassa e si siede per saltare e mi colpisce così forte che sudo». Un’anonima Brescia, usata puramente come suggestione, fa da sfondo alle vicende narrate. Il lavoro di Ball prende spunto dal romanzo di Karl Hans Strobl, autore oggi dimenticato soprattutto per il suo fanatismo nazista, «Il bordello di Brescia».

Questo è ispirato ai fatti storici già citati mescolati con la vicenda delle suore prostitute del monastero di Santa Caterina del quale abbiamo già scritto. Ball trasforma il materiale in un’ottica espressionista, tra estasi e delirio le sue pagine trasfigurano i personaggi fino a spanderli come macchie di colore sulle pagine riducendoli a meri simboli la cui forza sta nell’insieme più che nei dettagli. Ball, superati i decenni dell’avanguardia di stampo anarcoide, rinnega il passato, si converte al cristianesimo, alle cui tematiche dedica tutti i suoi scritti successivi, arrivando ai vertici con «Cristianesimo bizantino: vite di tre santi». Personaggio ambiguo, la sua letteratura intrisa di antisemitismo ha portato, l’anno scorso, alla sospensione del premio a lui dedicato.

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