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Il gioco della palla da Brescia a Salò: una storia iniziata nel 1563

di Marco Tiraboschi
Il pallone a bracciale si giocava in piazza del Mercato Nuovo (oggi piazza Tebaldo Brusato), poi in via San Martino della Battaglia e via via in altre zone. Brescia vanta anche la prima pubblicazione relativa a questo sport
Un'illustrazione dal trattato di Antonio Scaino
Un'illustrazione dal trattato di Antonio Scaino
Un'illustrazione dal trattato di Antonio Scaino
Un'illustrazione dal trattato di Antonio Scaino

Il calcio è oggi decisamente lo sport più popolare in Italia, il fanatismo per le squadre che lo praticano rasenta il delirio, tanto quasi da allontanarlo dalla sua originaria dimensione ludica per diventare qualcosa d'altro, qualcosa dal radicato significato sociale. I calciatori sono pagati quanto le star della musica pop e rimangono modello assoluto di stile di vita per i più o meno giovani. Nella società contemporanea occidentale costruita su migliaia di anni di storia, dominata dalla scienza e dalla tecnologia, sembra che le masse siano ancora trascinate da forme di abilità tecniche basate sulla forza e l'istinto, dove il controllo di una sfera e la collaborazione di squadra portano alla vittoria. Un primitivo rituale che sembra perdersi nel ricordo delle grandi battute di caccia magdaleniane, dove solo la collaborazione e la capacità di maneggiare le armi poteva portare alla cattura della preda, mentre la comunità riponeva la massima fiducia nella «squadra» di cacciatori per la sopravvivenza.

Anticamente, a Brescia, esisteva un ramo della potente famiglia Martinengo chiamata «dalle Palle» o «delle Palle», che svettavano, dorate, negli stemmi nobiliari. Nessun riferimento, almeno dichiarato, ad attributi virili, le «Palle», sono aggiunte allo stemma quando la famiglia fa costruire nel '600 un nuovo palazzo adiacente allo spazio per il gioco della palla, nella zona in fondo all'attuale via San Martino della Battaglia. Qui si giocava uno sport estremamente popolare che aveva origine dal centro Italia: il pallone a bracciale. Molto diverso dal football moderno si giocava utilizzando un bracciale in legno dotato di punte smussate che proteggeva la mano e parte dell'avambraccio e serviva per respingere la palla.

I campi in cui si praticava erano mediamente di 80 metri di lunghezza per 16 di larghezza e, spesso erano affiancati da un enorme muro alto fino a 18 metri che veniva utilizzato per i rimbalzi. Il gioco del «pallone» si diffonde a partire dal XVI secolo e diventa presto estremamente popolare tanto che i migliori giocatori erano ricercatissimi e pagati profumatamente. Entusiasmava talmente la gioventù bresciana che Giacomo Caravaggi, fratello del cronista Lodovico, studente a Padova, si ammalò «per troppo zugar el balon del calzo».

Introdotto a Brescia nel 1563, si giocava inizialmente in piazza del Mercato Nuovo (ora piazza Tebaldo Brusato), poi nella zona citata di S.Martino della Battaglia, poi in contrada Cantarane, dal 1780 dietro la chiesa di S.Eufemia, in piazza Duomo e, infine sugli spalti di S.Giovanni dove erano disposte scalinate in forma di arena poi smantellate e riutilizzate per lastricare i portici di corso Zanardelli. In Italia la diffusione del gioco era tale da portare alla costruzione di enormi stadi chiamati Sferisteri. Uno dei più famosi è quello di Macerata, inaugurato nel 1829, che poteva contenere ben 3000 spettatori.

La popolarità del pallone a bracciale, declini e rinascite, giunge fino alla seconda metà del XX secolo quando incontra il definitivo declino soppiantato dagli sport britannici. Brescia vanta anche la prima pubblicazione relativa a questo sport: il "Trattato del gioco della palla» di Antonio Scaino, erudito di Salò, che lo dà alle stampe nel 1555 e che ora è considerato tra i libri più rari nel mercato antiquario.

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