La sessualità mai slegata dal rispetto di sè e dell’altro

Egregio direttore, la sessualità è un dato intrinseco e qualificante nella relazionalità antropologica, legata ovviamente non solo alla procreazione, ma anche a quella capacità di uscire da una dimensione affettivamente implosa e di verificare, nel rispetto dell’altro, una sperimentazione della bipolarità, dove l’affettività si lega al linguaggio dei corpi in consapevole e rispettoso amplesso, orientato ad una «stabilità» generatrice di legami stabili, dove la base è non il possesso ma l’arricchente reciprocità sia affettiva che sessuale. Sottolineata questa necessaria premessa che focalizza la sessualità quale aspetto proprio della maturazione fisica e psicologica della persona umana, legata alla volontà educata alla responsabilità e alla relazionalità, corre l’obbligo di chiederci come i nostri progetti educativi personali e comunitari si facciano carico di ciò. Nel contesto di una società liquida e «recipiente» di persone provenienti da culture e costumi riguardanti ad esempio la considerazione della donna e di un maschilismo possessivo, è più che doveroso per la tutela, non dico dell’amor cortese, ma di un’emancipazione relazionante, consenziente e concretamente oblativa, che ci sia quella attenzione inclusiva sul piano della sessualità accolta e proposta nel reciproco rispetto anche del «no» e del «poi» o del «non fai per me». Questo vale anche per coloro che sono appartenenti socialmente, culturalmente ed etnicamente alla cultura occidentale, poichè, mentre nelle «carte» dei principi è tutelato il minore e sottolineata l’eguale dignità uomo e donna, di fatto continuamente abbiamo notizie di femminicidi, stupri e violenze, effetti di un eros non valutato nella sua dimensione, sganciato quindi dalla padronanza di sé e dalla reale valutazione di una relazionalità accolta e scevra dal criterio del possesso. Si è assistito, a causa di una certa mercificazione della fisicità, ad una sempre più pseudo cultura del sesso, che è pensato e programmato non per una donazione e arricchimento dell’altro/a, ma per l’appagamento del «protagonista» che pretende di «possedere», non accogliere e donare, anche senza la dimensione affettiva o il consenso dell’altro. Questo è, in modo eclatante, lo stupro e la violenza anche tra le mura domestiche, con conseguenze molto più diffuse di quelle che già purtroppo sono note ai centri anti-violenza e ai mezzi di comunicazione. Dobbiamo offrire dei concreti percorsi educativi, né lassisti né integralisti, al fine di far capire il grande valore della sessualità, che non deve essere mai slegata dal rispetto di sé e dell’altro, mediante un’obiettiva valutazione dell’alterità, mai disgiunta da sentimenti affettivi e soprattutto sempre con la ponderazione della consapevolezza reciproca, non certo per «possessi» di fugacità che umiliano e squalificano lo stesso eros. La «bravata» di gruppo, oltre ad un reato, è sintomo di immaturità violenta del branco e segno di criminosa «bestialità». Questo è ciò che bisogna arginare, da parte di tutti, associazioni e istituzioni, per donare alla sessualità il suo importante valore per la persona e per la società. Monsignor Ettore Malnati Teologo

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