Brescia insolita

Le pillole democratiche di fra’ Ilarione

di Marco Tiraboschi
Storia di un frate francescano divenuto celebre per i suoi ritrovati. Il suo prodotto più noto sono le «Pillole angeliche», dalle proprietà miracolose, diffuse prima tra i bresciani e poi in tutto il Paese
Uno dei chiostri del convento di San Giuseppe a Brescia
Uno dei chiostri del convento di San Giuseppe a Brescia
Uno dei chiostri del convento di San Giuseppe a Brescia
Uno dei chiostri del convento di San Giuseppe a Brescia

Fin da quei primi, lunghissimi, abissi di tempo, quando i primi uomini, sempre alla ricerca di nuove fonti di sostentamento, masticavano piante sconosciute a rischio della propria vita, l'utilizzo terapeutico dei vegetali è stato una costante nella storia. Nella Grecia antica, Galeno ne organizza e cataloga gli usi e, mille anni dopo, la Regola benedettina dota tutti i monasteri di un orto dei Semplici. Uno spazio ricco di acqua e dedicato alla coltivazione delle piante officinali che è anche un simbolo, un emblema del Paradiso e quindi privo di peccato e contrapposto al bosco, popolato dalle fiere selvatiche e immagine del male. Anticamente i monasteri davano ospitalità ai pellegrini ai quali offrivano cure attraverso la conoscenza dei preparati galenici. Si rendeva necessaria quindi la presenza e la formazione di frati specializzati nell'uso delle piante curative e un laboratorio specifico dove gli speziali potevano realizzare i rimedi che distribuivano gratuitamente ai bisognosi.

A Brescia, nel primo intimo chiostro del convento di San Giuseppe, su un'architrave si trova incisa la parola «aromataria» che indica appunto la presenza di uno speziale che prestava questo servizio, sia internamente all'istituto religioso che all'esterno. Qui, tra gli inebrianti aromi delle erbe, i mortai e gli altri attrezzi del mestiere, operava un frate divenuto poi celebre per i suoi ritrovati: un tale Ilarione, frate francescano. Il suo prodotto più noto sono le «Pillole angeliche», dalle proprietà miracolose, diffuse prima tra i bresciani e poi in tutto il Paese.

Un'altisonante e pomposa pubblicità del 1856 recita così: «Sono così chiamate per i meravigliosi effetti di salute che arrecano, nelle infrascritte indisposizioni; cioè: negli incomodi di stomaco per di fetto di concozione, poichè disimpacciano da' viscidumi il ventricolo, e dissipando la flatuosità tolgono le ostruzioni delle viscere naturali. Oltre ciò levano le ripienezze e le stitichezze di corpo: liberano da dolori di capo anche inveterati, curano gli effetti vertiginosi e le palpitazioni ipocondriache, e riescono efficacissime nelle emorroidi, ecc.». Parole altisonanti che richiedono una buona comprensione del testo per descrivere un buon lassativo che, come si legge in un altro annuncio, sono «le preferite dalle Comunità Religiose».

Insomma le pillole di Ilarione hanno aiutato democraticamente la liberazione di diverse cariche religiose, dagli alti prelati, fino forse ai cardinali o addirittura il Papa, senza escludere i più umili prevosti di campagna. Si può dire che le pillole Angeliche hanno esportato per tre secoli la brescianità collegandola all'impressione di una facile defecazione, un primato invidiabile.

Come riporta uno scritto del dottor Alberto Vaglia la ricetta di questo medicinale era segreta e veniva tramandata di generazione in generazione ai padri speziali, se ne conosce solo il numero di ingredienti, sei, dei quali cinque di origine vegetale, e si sa che richiedeva ben otto mesi di preparazione. La fama delle pillole ha portato anche delle dispute, come quella con i francescani di Mantova che ne sostenevano la paternità, essendo disponibili presso di loro delle «pillole angeliche» già alla fine del '700. Quindi è possibile che il buon Ilarione abbia avuto una soffiata con la ricetta e che non si sia nemmeno sforzato di cambiarne il nome. Possiamo immaginare come i frati mantovani si siano divertiti a creare le rime più sconce con il suo nome che, per tanto tempo, sarà utilizzato come sinonimo di evacuazione.

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