Ma per Sgarbi non doveva essere messo in un museo?

Egregio direttore, in un'intervista ad un giornale locale, datata 11 aprile 2013, Vittorio Sgarbi sul Bigio disse: «Mettiamolo dentro un museo». Diceva Sgarbi: «La storia va rispettata. E nella storia di Brescia c'è anche nel 1945 la rimozione da piazza Vittoria di quella statua dal forte valore simbolico. Non si può non tenerne conto. Il recupero artistico dell'opera di Dazzi ha senso ed è certamente condivisibile, una soluzione positiva e rispettosa potrebbe allora essere una sua musealizzazione. Dentro un museo di arte moderna o nella stessa Santa Giulia, dove già si trova ad esempio il busto di Mussolini opera di Adolfo Wildt». Erano le parole del critico d'arte Vittorio Sgarbi che insisteva esponendo un giudizio esplicito: «Sul merito artistico dell'opera di Arturo Dazzi non può esservi alcun dubbio. Lo scultore ha un valore, una espressività e una importanza storica che non possono essere negati». Però? «Però il ritorno in piazza della statua proprio non ce lo vedo». Perché? «Per ragioni molto diverse. Innanzitutto è così alta e imponente... E poi la funzione celebrativa alla quale intendeva rispondere era ed è del tutto evidente. Il suo legame con il fascismo era ed è indiscutibile, piaccia o no è innegabile. Credo che un ragionevole compromesso che da un lato consente la fruizione artistica dell'opera, ma dall'altro evita lo scivolamento in un'operazione nostalgica sia proprio la musealizzazione». Questo egli disse 10 anni fa l'opposto dell'attualità in cui l’ipotetica ricollocazione del Bigio in piazza Vittoria continua ad alimentare il dibattito politico, soprattutto dopo le dichiarazioni del sottosegretario alla cultura Vittorio Sgarbi, che chiede il riposizionamento della statua nel luogo in cui lo collocò il regime fascista, arrivando ad evocare nella figura del soprintendente un commissario incaricato a tal fine. Nulla s'aggiunga, sia mai che inceppi in rudimentali disquisizioni di lana caprina. Claudio Maffei Gardone Riviera

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