Non voltarsi davanti a chi chiede aiuto

Egregio direttore, «Ciao papy» è il saluto che sento ogni lunedì dopo aver risposto al citofono: si tratta di un giovane papà straniero che raccoglie qualche spicciolo. Un aspetto decoroso, un atteggiamento dignitoso, una questua in grado di sfamare la famiglia. Al martedì ci sono almeno un paio di squilli al citofono, ora a inizio mattina ora verso mezzogiorno. Sono due o tre robusti ragazzotti che, in bici, chiedono soldi prima di recarsi al mercato dove, talvolta petulanti, chiedono con insistenza, soprattutto ad anziane, il contributo giornaliero. Mercoledì il «ciao papy» è pronunciato da un discreto e corretto straniero che gira con uno zainetto, mentre altre mattine, non sempre costanti, ci sono altre figure di richiedenti, talvolta con la voglia di venderti qualche fiore o altre piccole cianfrusaglie. Sabato e domenica non passa nessuno. Il «ciao papy» te lo dici da solo rimuginando se fai bene o male a prestare questi aiuti; del resto come fai a rifiutare un gesto simile se ogni giorno mangi, hai la possibilità di riscaldare la casa, di leggere un giornale, di possedere un’auto, di concederti qualche spesa superflua. Eppure, dentro, qualcosa ti dice che non è corretto, che non è possibile che uomini, donne e ragazzi possano vivere dipendendo da questi gesti. Dinanzi ai supermercati il cartello ti chiede di non far parte di chi favorisce l’accattonaggio, ma in chiesa, giustamente, ti ricordano che la carità e la solidarietà sono doverose per chiunque possa aiutare il prossimo. Certo il prossimo l’hai dinanzi alla porta, non come certe ville dalle quali manco intravedi chi suona. Pensiero assurdo, ma confermato più volte da chi dimostra che sono i…relativamente poveri ad aiutare soprattutto i poveri. Ogni settimana i gesti si ripetono, e così anche i pensieri. Poi ti accorgi che …sfami anche gatti e cani non tuoi e non puoi certo voltarti dinanzi a un Uomo che chiede aiuto. Puoi solo augurarti che non sia costretto a farlo per tutta la vita! Lettera firmata