BRESCIA INSOLITA

Quando Goethe fu incantato dallo spettacolo di Limone

di Marco Tiraboschi
Goethe nella campagna romana nel dipinto di Johann H. W. Tischbein
Goethe nella campagna romana nel dipinto di Johann H. W. Tischbein
Goethe nella campagna romana nel dipinto di Johann H. W. Tischbein
Goethe nella campagna romana nel dipinto di Johann H. W. Tischbein

Il lago di Garda è uno degli specchi d’acqua più narrati e amati dai poeti. I paesaggi suggestivi, il clima mite e profumato che anticipa il mediterraneo, i colori tenui che sfumano tra la durezza delle montagne e la dolcezza delle colline, hanno colpito la sensibilità di grandi autori, a partire da Catullo per arrivare alla contemporaneità. È il 1786 quando il trentasettenne Johan Wolfgang von Goethe, durante il suo viaggio in Italia raggiunge il Benaco, aprendo una finestra su un’esperienza che durerà quasi due anni e che contribuirà a ispirare alcuni dei suoi massimi capolavori. Il 13 settembre ha il primo vero incontro con l’Italia a Limone del Garda, che viene così annotato nel suo diario: «Il mattino era magnifico, un po’ nuvoloso, ma, al levar del sole, calmo. Passammo davanti a Limone, con i suoi giardini e terrazze su per il pendio dei monti; uno spettacolo di ricchezza e di grazia. L’intero giardino consta di file di bianchi pilastri quadrangolari che sono collocati ad una certa distanza uno dall’altro, su per il declivio del monte, a gradini. Sopra questi pilastri sono collocate delle robuste pertiche per coprire, in inverno, gli alberi che crescono negli intervalli. La lentezza della traversata favoriva l’osservazione e la contemplazione di questo piacevole spettacolo». Una descrizione piena della morbidezza, della tranquillità e dei profumi di un mondo a lui sconosciuto, molto diverso dalla sua terra di origine, la Germania. Un luminoso impatto che, per alcuni, ha contribuito ai versi del canto di Mignon nel suo Wilhelm Meister: «Conosci tu il paese dove fioriscono i limoni? Brillano tra le foglie cupe le arance d’oro, Una brezza lieve dal cielo azzurro spira…» . Questi versi ancora oggi fanno discutere sulla paternità della loro origine, tra chi sostiene che siano l’idealizzazione di alcune stampe italiane possedute da Goethe, il frutto di suggestioni del lago, della Sicilia o di altri luoghi visitati. Come a voler dimostrare che la propria terra possieda i meriti di un grande artista. Ma per Goethe il Garda non è solo idillio, costretto a sbarcare a Malcesine, sulla sponda veronese, a causa del maltempo, ne approfitta per ritrarre il castello. In un attimo si sparge la voce che in paese è sbarcato uno straniero. Viene avvisato il Podestà che lo accusa di essere una spia di Giuseppe II e viene chiamato un certo Gregorio per tradurre. Presto la questione è risolta al meglio grazie alle capacità dialettiche dell’artista che non nega un certo spavento. La xenofobia non è certo cosa nuova, ma oggi fa sorridere che a essere coinvolto sia stato uno dei personaggi più importanti di quel popolo germanico che ha fatto la fortuna del lago di Garda.

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