CRISI IDRICA

Agricoltori bresciani sempre più disperati, l’appello: «Acqua dalle cave per dissetare i campi»

di Claudio Andrizzi
Dai siti estrattivi forse una speranza per l’agricoltura
Dai siti estrattivi forse una speranza per l’agricoltura
Dai siti estrattivi forse una speranza per l’agricoltura
Dai siti estrattivi forse una speranza per l’agricoltura

Nell’estate della grande siccità in provincia di Brescia ci sarebbe una riserva d’acqua pronta da utilizzare per irrigare i campi ma bloccata da intoppi burocratici. La denuncia arriva da Confagricoltura Brescia per voce del presidente Giovanni Garbelli, che ha lanciato l’allarme per una situazione ormai drammatica: l’organizzazione evidenzia come tra gli agricoltori sia ormai dilagando un clima di forte sfiducia perché «gran parte delle proposte per porre qualche rimedio non sono state attuate». Fra queste è emerso anche il tema dei siti estrattivi: «L’acqua nelle cave è ancora tutta lì e non c’è l’ombra di un decreto», ha detto il presidente, con il pensiero rivolto «ad un centinaio di bacini che, specialmente nel comprensorio dell’Oglio Mella dove la falda è più alta, dispongono oggi di risorse idriche che sarebbero preziose ma che non possono essere utilizzate perché manca una norma ad hoc». Garbelli non ha dubbi: «Questo provvedimento rappresenterebbe un’ulteriore, residua possibilità per provare a portare una parziale soluzione al grave momento che tutta l’agricoltura sta affrontando, con la siccità che non molla la presa e che sta causando enormi danni alle coltivazioni. Purtroppo rimane una situazione di scoraggiamento perché anche in questa fase emergenziale ci si deve scontrare con iter autorizzativi e burocratici che frenano e penalizzano le nostre attività».

Sul tema è intervenuto anche il vice presidente della Provincia di Brescia Giovanni Galperti, che in una nota ha fatto emergere il problema confermando l’esistenza in provincia di circa 100 bacini estrattivi di cave, sia attivi (circa la metà), ma soprattutto cessati, dove sarebbe disponibile un volume di circa 30 milioni di metri cubi di acqua. «Il quadro è emerso da un’indagine molto puntuale che abbiamo effettuato – spiega Galperti -. Ma il problema sta tutto nel fatto che norme che regolano gli attingimenti anche provvisori comportano tempistiche autorizzative non compatibili con l’emergenza idrica in atto». Che fare quindi? Secondo il vice presidente provinciale, «per consentirne l’utilizzo, senza oneri e con il consenso delle proprietà interessate, serve una copertura giuridico-amministrativa che solo Regione e Governo, con provvedimenti di necessità e urgenza, possono predisporre in tempi strettissimi.

La Provincia, conseguentemente, d’intesa con i sindaci territorialmente competenti, potrà autorizzare immediatamente l’utilizzo delle risorse idriche contenute nei bacini di cava in questione». Sostanzialmente, spiega Galperti, quel che serve è «uno strumento per derogare ad una norma come successo per esempio con l’istituzione del lockdown per il Covid, quando dalla sera alla mattina nessuno poteva più uscire di casa. Siamo del resto anche in questo caso in una situazione emergenziale ed il fatto che quei 30 milioni di metri cubi, e parliamo di una stima assolutamente prudenziale, se ne stiano lì ad evaporare è veramente uno spreco non ammissibile. Si tratterebbe di un approvvigionamento temporaneo che noi come Provincia potremmo autorizzare su istanza del sindaco. E naturalmente servirebbe l’assenso dei proprietari: ma da quanto ho già sentito in comuni come Travagliato, Lograto o Berlingo sembra non siano emerse contrarietà in questo senso».•. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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