L'INTERVISTA

Del Bono: «Lascio una città in crescita e più europea»

di Eugenio Barboglio
Il sindaco di Brescia a sei mesi dalla conclusione del suo mandato traccia un bilancio della sua amministrazione
Emilio Del Bono da nove anni è sindaco di Brescia, tarminerà il suo secondo  mandato la prossima primavera
Emilio Del Bono da nove anni è sindaco di Brescia, tarminerà il suo secondo mandato la prossima primavera
Emilio Del Bono da nove anni è sindaco di Brescia, tarminerà il suo secondo  mandato la prossima primavera
Emilio Del Bono da nove anni è sindaco di Brescia, tarminerà il suo secondo mandato la prossima primavera

Lo chiamiamo semestre lungo o anno corto? Comunque sia è l’ultimo capitolo dell’amministrazione di Emilio Del Bono. E se lo chiamiamo semestre è un semestre tutt’altro che bianco quest’ultimo spicchio di 10 anni di governo «nei quali abbiamo dato una sterzata alla città».

Sindaco Del Bono, c’è ancora da fare, nel solco dei 9 anni trascorsi in Loggia. «La forte sterzata è stata accompagnata da una visione strategica e da opere che non tutte riuscirò a concludere ma che consentiranno a chi viene dopo di me, come dire, di vivere di rendita».

E se chi viene dopo sarà Rolfi o chi per lui. Insomma, il centrodestra. «Ho paura che smontino tutto. Lasciamo stare le loro dichiarazioni, sto ai voti in Consiglio comunale. Sono stati contro la metro, il tram, sono contro le ciclabili, lo sviluppo delle università, il progetto Oltre la strada in via Milano, il parco delle Cave. E checché ne dica Rolfi adesso, anche contro le pedonalizzazioni. Insomma, contro tutte le partite importanti che stanno segnando lo sviluppo di questa città. E non a caso quando in Loggia c’erano Paroli e Rolfi la città aveva avuto un rallentamento: i più bassi dividendi di A2A, le difficoltà delle società partecipate».

Cosa manca per realizzare la sua idea di città. Perché un’idea l’aveva sin dall’inizio... no? Non è nata strada facendo...? «Sì, quella di far transitare Brescia da città fabbrica a una economia di terziario, turismo, servizi, con poli forti: l’università, la sanità. Una transizione in gran parte riuscita, come certificato da alcuni riconoscimenti nazionali: capitale dei giovani 2021 e nel 2023 capitale della cultura. O da dati come quello delle strutture ricettive in città: nel 2018 erano 45, oggi sono 99. Una transizione che d’altronde era assolutamente da compiere, perché altrimenti il destino delle città ex industriali è il declino». Sei, otto mesi per portare a termine.

Cosa? «Qualcosa, come dicevo, non sarà possibile concluderlo in tempo, lo inaugurerà qualcun altro. Il Parco delle cave, via Milano, la valorizzazione del castello, progetti di lungo periodo che abbiamo avviato noi: a Buffalora dopo la rigenerazione delle aree di tre laghi, con una operazione che ha portato una immensa zona da industriale ad ambientale, c’è la casa del Parco da finire e la cicloledonalità. Poi Porta Milano: non sarò certo io a inaugurare il Teatro Borsoni, ma è un progetto che è un orgoglio di questa amministrazione. Bisognerà fare le gare di appalto per la bonifica dello stabilimento Caffaro, una grande partita che prenderà i prossimi mesi».

Una grande partita in assoluto, quella dell’inquinamento industriale. Arrivando in Loggia non ce ne erano di più spinose sul tavolo. «Indubbiamente, spinosa soprattutto perché era nazionale e il problema era essenzialmente un problema di soldi. Un dato su tutti: allora a disposizione c’erano 6 milioni di euro, in gran parte non spesi. Sono diventati 90 milioni di cui 70 solo sul sito industriale. Ma c’è n’è un altro di dato che dice del lavoro svolto: tra Sin Caffaro e extra Sin abbiamo messo a bilancio la bonifica di tutti i parchi pubblici avvelenati da Pcb e diossine. E se pensiamo a 10 anni fa...».

La stessa Capitale della cultura sarà a metà, tra la sua giunta e la successiva. Chissà quante polemiche se cambiasse il colore dell’amministrazione in Loggia... «Guardi, potevamo investire solo in eventi ma per noi il 2023 non è che la continuazione di un strategia, quella di valorizzazione del patrimonio. In questo senso l’abbiamo interpretato. L’elenco di siti valorizzati in questi nove anni è lungo, ma qui dico il teatro romano: ci saranno presto novità».

In questi ultimi mesi, come interlocutore romano avrà molto probabilmente il governo più di destra che dal Dopoguerra si sia insediato nei grandi Paesi occidentali. Per dire, dove Le Pen non è riuscita, riuscirà probabilmente Meloni.

Cosa sarà il 25 settembre? La fine della lunga stagione del Dopoguerra? «L’analisi storico-culturale è seria e da fare, certo, ma io sono più interessato a quello che la destra è oggi che alle sue radici culturali. E pensando a quello che è oggi temo per il rapporto con l’Ue. Un rapporto che vale 200 miliardi di finanziamenti del Next Generation Eu. La destra ha sempre dipinto l’Europa come matrigna, ma nessun Paese ha beneficiato come noi. L’Europa matrigna della destra è l’Europa generosa. Ma la linea di finanziamento non è finita, vale tra l’1 e il 2 per cento del Pil». Insomma, l’alert di Del Bono suona uguale a quello di Cottarelli di qualche giorno fa: «Attenti che questi (il centrodestra, ndr) i soldi dell’Europa li sprecano». •.

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