Il depuratore ora va a «rapporto» dal generale

di Luciano Scarpetta
Il depuratore di Peschiera nel quale confluisce la raccolta fognaria delle sponde bresciana e veronese del lago di Garda
Il depuratore di Peschiera nel quale confluisce la raccolta fognaria delle sponde bresciana e veronese del lago di Garda
Il depuratore di Peschiera nel quale confluisce la raccolta fognaria delle sponde bresciana e veronese del lago di Garda
Il depuratore di Peschiera nel quale confluisce la raccolta fognaria delle sponde bresciana e veronese del lago di Garda

Bisognerà aspettare ancora una decina di giorni per sapere (forse) come e soprattutto dove verrà realizzato il nuovo depuratore del Garda bresciano, da costruire ex novo o da affiancare a quello di Peschiera sulla sponda veneta. A sorpresa infatti, nonostante gli annunci, ieri pomeriggio nella sede della Comunità del Garda a fianco della presidente Mariastella Gelmini mancavano il presidente di Acque Bresciane Gianluca Delbarba e Giorgio Bertanza, professore del dipartimento di ingegneria civile dell’Università di Brescia, incaricato mesi fa dello studio per individuare il punto ottimale dove costruire il depuratore. «Ieri - ha spiegato la presidente - abbiamo ricevuto dal ministero dell’Ambiente a Roma, la convocazione per martedì 9 ottobre di un tavolo tecnico tra le Regioni di Lombardia e Veneto, i rispettivi Ato e Ats Garda Ambiente, l’associazione di scopo in rappresentanza dei 35 sindaci gardesani aderenti. «L’INCONTRO con il generale Sergio Costa e i suoi tecnici ha spiegato Gelmini - servirà per procedere alle fasi esecutive». Strettissimo invece il riserbo sui risultati dell’indagine commissionata da Acque Bresciane all’Università di Brescia. Nonostante le sollecitazioni nessuno ha fornito nuovi elementi: si è appreso solo che l’Università ha proposto ben cinque linee guida, ipotesi che inevitabilmente sono state comunicate all’Ato di Brescia per le valutazioni con i sindaci dei territori competenti. Per il resto è stato ribadito quanto già si sapeva: bloccata l’ipotesi Visano dal no dei sindaci della zona e dal contenzioso legale plurimilionario fra ex gestori e Provincia, l’altro dato certo è che l’eventuale nuovo depuratore non sverserà le acque nel lago, come invece quello al servizio di Tremosine e Limone o come quello di Arco, che scarica nel lago attraverso il Sarca. «Lo studio - ha ribadito Mariastella Gelmini - parte dal punto fermo che il lago non può essere il corpo recettore delle acque depurate dall’impianto. Bisogna procedere - ha sottolineato - guardando il lago come porto unico senza campanilismi». Dello stesso avviso il presidente di Ats Giovanni Peretti: «Non è più tempo per le parole bisogna fare sul serio perché se scoppiasse il collettore sarebbe davvero la fine. Roma - ha sottolineato - deve ascoltare il territorio e nello specifico, democraticamente, siamo noi sindaci. L’auspicio è che l’incontro del 9 ottobre possa portare a qualche passo avanti senza essere poi costretti a scendere in piazza con i cartelli». Chiaro il riferimento alle recenti dichiarazioni del ministro Danilo Toninelli che in più di una occasione ha sposato le critiche pentastellate assunte fin dalla scorsa legislatura per un progetto centrato su tanti piccoli depuratori. «Il sistema di Peschiera è ormai insufficiente – ha rilanciato il presidente di Garda Uno e consigliere di Acque bresciane Mario Bocchio - ne serve un altro sulla sponda bresciana escludendo il lago come elemento recettore: quanto accaduto recentemente nel Sarca con l’incidente al depuratore di Arco è indicativo in questo senso». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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