«Ex Selca, il tempo è scaduto La bonifica ha fondi adeguati»

di Lino Febbrari
Il sito dell’ex Union Carbide di Forno Allione, un’azienda che ha lasciato un segno pesante sull’ambienteSullo sfondo i capannoni dell’ex Selca, a un passo dal fiume Oglio
Il sito dell’ex Union Carbide di Forno Allione, un’azienda che ha lasciato un segno pesante sull’ambienteSullo sfondo i capannoni dell’ex Selca, a un passo dal fiume Oglio
Il sito dell’ex Union Carbide di Forno Allione, un’azienda che ha lasciato un segno pesante sull’ambienteSullo sfondo i capannoni dell’ex Selca, a un passo dal fiume Oglio
Il sito dell’ex Union Carbide di Forno Allione, un’azienda che ha lasciato un segno pesante sull’ambienteSullo sfondo i capannoni dell’ex Selca, a un passo dal fiume Oglio

«Chi inquina paga: non devono essere i cittadini a subire e a sanare le conseguenze dell’avvelenamento del territorio provocato da chi ha tratto enormi profitti sfruttandolo». Questo principio ovvio è contenuto implicitamente nel pronunciamento del Consiglio di Stato che ha rigettato l’appello del curatore della ex Selca di Forno Allione, il quale si era opposto a un’ordinanza del Comune di Berzo Demo (datata 2017) che gli imponeva di mettere presto in sicurezza le scorie pericolose depositate da anni nei piazzali e nei capannoni della società fallita nel 2010, ed è stato riaffermato dalle associazioni ambientaliste della Valcamonica proprio dopo la sentenza del supremo organo amministrativo (che considerano in parte una loro vittoria). Una sentenza che dovrebbe (si spera) mettere la parola fine alla più che decennale diatriba sulla destinazione delle oltre 37mila tonnellate di resti della lavorazione dell’alluminio arrivate dall’Australia in Valcamonica per essere ripulite da cianuri e fluoruri, per poi essere rivenduti sul mercato. «Questa decisione ha fatto cadere per sempre tutti gli alibi - sostiene il portavoce degli ambientalisti, Italo Bigioli -, adesso occorre che i “decisori”, Comunità montana, Provincia e Regione, si diano finalmente da fare e procedano rapidamente con la bonifica, così come vuole l’Arpa, che anche recentemente, attraverso il direttore Gambielli, ci ha detto chiaramente che tutta questa porcheria non può stare qui, è troppo pericolosa per la falda e il sito è ad altissimo rischio se si dovesse verificare un’esondazione dell’Oglio e del torrente Allione. Le conseguenze per i paesi a valle e soprattutto per il Sebino sono immaginabili». Negli ultimi mesi le associazioni raggruppate in un comitato hanno promosso una petizione sottoscritta da quasi cinquemila cittadini, soprattutto per contrastare l’ipotesi caldeggiata dal Comune di Berzo Demo di spostare semplicemente l’enorme quantità di materiale di qualche centinaio di metri (il luogo prescelto si trova a poche decine di metri dal fiume, a margine della vasta zona industriale occupata fino al 1994 dalla Ucar Carbon, che da parte sua di guai in tema ambientale ne ha causati moltissimi), e per privilegiare invece la soluzione già emersa dieci anni fa. «Attraverso la curatela fallimentare, la conferenza dei servizi aveva preso contatto con diverse società, anche della nostra provincia, disponibili a processare questi materiali. Ci risulta che questa disponibilità ci sia ancora - aggiunge Bigioli -, come sappiamo che ci sono difficoltà per quanto riguarda lo smaltimento della componente di cianuri, mentre per quella dei fluoruri è fattibile un corretto processamento». Conferme non ce ne sono, ma fonti attendibili sostengono che un’impresa specializzata con sede in Valsabbia avrebbe manifestato la propria disponibilità a ripulire le scorie in cambio di circa 200 euro a tonnellata: un affare da quasi 8 milioni di euro, la cui fattura potrebbe essere saldata con i 9 milioni conservati in cassaforte dalla curatela fallimentare, come scritto a chiare lettere nella sentenza del Consiglio di Stato. Una somma sufficiente a sbarazzarsi dei veleni, con un notevole risparmio rispetto al progetto del Comune che avrebbe invece previsto una spesa complessiva superiore ai trenta milioni, compresa la riqualificazione del sito, sul quale sarebbero poi dovuti sorgere nuovi capannoni e altre infrastrutture. •.

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