Ripulisce il pendio e un macigno lo uccide

Le operazioni di recupero della salma e dei feritiMartino Febbrari aveva 42 anniL’elicottero durante le manovre di carico dei due operai rimasti feriti nella località Palam PalèMartino Febbrari, la vittima, in una foto estiva mentre affronta una parete: era un rocciatore e alpinista esperto
Le operazioni di recupero della salma e dei feritiMartino Febbrari aveva 42 anniL’elicottero durante le manovre di carico dei due operai rimasti feriti nella località Palam PalèMartino Febbrari, la vittima, in una foto estiva mentre affronta una parete: era un rocciatore e alpinista esperto
Le operazioni di recupero della salma e dei feritiMartino Febbrari aveva 42 anniL’elicottero durante le manovre di carico dei due operai rimasti feriti nella località Palam PalèMartino Febbrari, la vittima, in una foto estiva mentre affronta una parete: era un rocciatore e alpinista esperto
Le operazioni di recupero della salma e dei feritiMartino Febbrari aveva 42 anniL’elicottero durante le manovre di carico dei due operai rimasti feriti nella località Palam PalèMartino Febbrari, la vittima, in una foto estiva mentre affronta una parete: era un rocciatore e alpinista esperto

A volte l’attività professionale riserva cose terribili a un giornalista; come raggiungere il luogo di un infortunio mortale sul lavoro scoprendo che la vittima è un parente stretto. È successo ieri, anche col doppio strazio dell’incombenza del riconoscimento ufficiale, al nostro collega Lino Febbrari, inviato per ricostruire il dramma avvenuto attorno alle 11,30 nella località Palam Palè di Berzo Demo che ha avuto come protagonista suo nipote: travolto e ucciso sul colpo dai frammenti di un macigno, Martino Febbrari non aveva ancora 43 anni. L’infortunio, è accaduto non lontano dalla località Loa e dal rifugio Alpini, in un’area impervia nella quale il Consorzio forestale dell’alta Valcamonica, ente per il quale la vittima lavorava da anni, stava rimuovendo i resti degli abeti rossi schiantati dalla Tempesta Vaia. Una operazione bis che avrebbe dovuto durare ancora poche ore, e che era stata avviata nello stesso luogo lo scorso anno. Insieme a due colleghi, che sono stati a loro volta investiti dal materiale in caduta ma se la sono fortunatamente cavata con ferite più lievi, Martino Febbrari stava tirando un cavo in acciaio lungo un ripido versante: avrebbero dovuto agganciare l’ennesimo tronco schiantato sul terreno da anni e trascinarlo fino a una strada sterrata, e mentre erano a pochi metri al di sopra del tracciato stradale è successo il disastro. Un macigno di notevoli dimensioni si è staccato una ventina di metri più in alto, e precipitando verso valle ne ha centrato un secondo frantumandolo: le pesanti schegge di quest’ultimo hanno raggiunto il 43enne (e i suoi colleghi) colpendolo violentemente al ventre e al torace e uccidendolo sul colpo. Il resto di questa storia è un tristissimo mix di concitazione e di dolore. L’allarme ha fatto arrivare in zona l’eliambulanza decollata da Bergamo, il cui personale, assistito da terra dal Soccorso alpino della stazione della media Valle e dal Sagf della guardia di finanza, ha verricellato i due feriti per trasferirli all’ospedale di Esine. Dopo l’arrivo dei tecnici dell’Ats Montagna e il nulla osta della magistratura, invece, la salma della vittima è stata trasferita nella sala del commiato Melotti di Edolo. A margine di questo incidente vale forse anche la pena chiedersi se è davvero lecito rischiare la vita di una persona per rimuovere legno marcescente da un versante ripido e pericoloso. Di certo, il giovane operaio scomparso, residente a Edolo, caposquadra del consorzio forestale, se n’è andato lasciando nel dolore la moglie Gloria che, dramma nel dramma, gli avrebbe dato un secondo figlio tra pochi mesi, e con lei Nicola, un bambino di appena 4 anni. Ma il dolore è anche di tanti altri, quelli che, ricorda lo zio, «lo apprezzavano come una bellissima persona e un grande lavoratore. Quando era più giovane - ricorda Lino tra le lacrime - da appassionato di montagna si divertiva in scalate e arrampicate; poi, con l’arrivo del primo figlio aveva scelto la prudenza e aveva continuato a coltivare il più tranquillo hobby della falegnameria. Amava stare all’aria aperta e il lavoro - aggiunge - e così aveva anche attrezzato un terreno della moglie per la coltivazione dei mirtilli».•. P.Bal.

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