Un percorso nei secoli attraverso il linguaggio

Una veduta del centro storico di Borno. Ora c’è un’opera in più per conoscere questa realtà
Una veduta del centro storico di Borno. Ora c’è un’opera in più per conoscere questa realtà
Una veduta del centro storico di Borno. Ora c’è un’opera in più per conoscere questa realtà
Una veduta del centro storico di Borno. Ora c’è un’opera in più per conoscere questa realtà

È un lavoro collettivo, un regalo a Borno e ai bornesi: il vocabolario del dialetto con l’etimologia dei vocaboli è in viaggio da 25 anni e trasuda storia. Un’opera nella tradizione dei vocabolari, che nell’appendice si sofferma sull’origine di cognomi e soprannomi bornesi e dei toponimi antichi. «Devo ringraziare Luca Ghitti - precisa uno dei due autori, Giacomo Goldaniga -. L’idea è sua ed è lui che 20 anni fa iniziò a raccogliere il materiale. Poi è arrivato a una fase di stallo e mi ha chiesto di collaborare. Così ha fatto con Lucio Avanzini di Bienno, che si è occupato dell’appendice». Goldaniga ha lavorato sulla semantica, sulle frasi idiomatiche e sulla comparazione dei termini di fine ’800 con quelli moderni. Ghitti invece ha fatto un lavoro più specialistico curando l’etimologia delle parole e l’alfabetico fonetico internazionale, oltre ad aver raccolto tra gli anziani del paese i vocaboli dialettali. Ne è uscito un lavoro gigantesco che raccoglie ben 1.055 pagine e seimila parole. Un’opera che pur non potendosi definire completa, racconta ciò che oggi rischia di andare perduto: «Il dialetto bornese è un punto di congiunzione fra il bergamasco e il veneto - continua l’autore -. Siccome Borno confina con la Val di Scalve e con lei ha avuto grandi relazioni commerciali, possiamo dire che il parlato bornese è più bergamasco che bresciano». Certo è un patrimonio che tanti non conoscono. Nell’opera non ci sono solo parole: ci sono le radici. «La differenza tra la parlata ottocentesca e quella del Novecento è radicale, con definizioni difficili da comprendere che hanno avuto un’evoluzione importante. Ci sono tanti esempi: l’altalena nell’800 la chiamavano “basangola” e questo termine era sconosciuto, mentre dagli anni ’50 in poi l’hanno chiamata “pigàlsa” e solo dopo è diventata altalena». L’opera è reperibile nelle edicole e nelle librerie del territorio.•. C.Ven.

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