Ghirardini ucciso
dal cianuro. Ma era
in una seconda fiala

di Mario Pari
L’esca al cianuro per animali selvatici trovata nello stomaco di Ghirardini: è lunga circa 4 centimetri I carabinieri del Ris dove  è stato trovato il corpo dell’operaio FOTOLIVE
L’esca al cianuro per animali selvatici trovata nello stomaco di Ghirardini: è lunga circa 4 centimetri I carabinieri del Ris dove è stato trovato il corpo dell’operaio FOTOLIVE
L’esca al cianuro per animali selvatici trovata nello stomaco di Ghirardini: è lunga circa 4 centimetri I carabinieri del Ris dove  è stato trovato il corpo dell’operaio FOTOLIVE
L’esca al cianuro per animali selvatici trovata nello stomaco di Ghirardini: è lunga circa 4 centimetri I carabinieri del Ris dove è stato trovato il corpo dell’operaio FOTOLIVE

Cianuro. E questa non è una novità. Ma nella morte di Giuseppe Ghirardini, l’operaio della Bozzoli srl di Marcheno, scomparso e ritrovato cadavere a Ponte di Legno, non c’è solo quello contenuto nell’esca per «selvatici» trovata nello stomaco durante l’esame autoptico. Ci sono altri frammenti di un’esca del tutto simile, ma che risulterebbero non appartenenti ad essa. Sono stati trovati durante un sopralluogo successivo ai primi, avvenuti dopo il ritrovamento del cadavere.

ERANO A POCA distanza dal punto in cui, non lontano da Case di Viso, in Alta Valcamonica, è stato trovato il corpo senza vita dell’operaio. Questo ritrovamento assume un significato particolare da differenti punti di vista. Innanzitutto con riferimento alle modalità della morte di Ghirardini. L’esca contenente cianuro trovata nello stomaco, nonostante pare le fosse stata praticata una sorta d’incisione, non avrebbe lasciato che la sostanza letale fuoriuscisse e provocasse la morte. Questa sarebbe derivata invece proprio dal cianuro contenuto nella seconda esca. Ghirardini potrebbe quindi averla aperta prima di ingerire il liquido che non gli ha lasciato scampo. Rimane, a questo punto, da chiarire un passaggio. Se sono stati ritrovati alcuni frammenti dell’esca mortale, dove sono finiti gli altri? Che qualcuno possa aver cercato di «ripulire» la zona? Di questa «nuova» esca al cianuro, i cui frammenti sono stati trovati solo il 16 novembre scorso, quasi un mese dopo il ritrovamento del cadavere dell’operaio, si sono occupati i carabinieri del Ris nel corso degli accertamenti irripetibili svolti due giorni fa a Parma.

L’AVVOCATO Marino Colosio legale dell’ex moglie dell’operaio non crede al suicidio e ha dichiarato:«Alla luce degli accertamenti» eseguiti dal Ris di Parma, «essendo sopravvenuti nuovi elementi, il quadro probatorio risulta modificato. Pertanto attendo aggiornamenti dalla procura e dagli inquirenti».

Proprio gli inquirenti sembrano comunque accreditare, più di ogni altra, la pista del suicidio. E a questo punto rimane sempre aperto l’interrogativo sul perchè Ghirardini avrebbe dovuto togliersi la vita. Tra le ipotesi al vaglio degli inquirenti c’è sempre quella che potesse essere a conoscenza di particolari relativi alla scomparsa del datore Mario Bozzoli, risalente all’otto ottobre scorso. Ipotesi che trova quantomeno un parziale riscontro nella data dell’allontanamento di Ghirardini da Marcheno. Era il 14 ottobre e nel pomeriggio il 50enne avrebbe dovuto essere interrogato una seconda volta dai carabinieri. Ma, se così fosse, cosa avrebbe indotto l’operaio a sottrarsi alla possibilità di contribuire a risolvere un caso che lo toccava a dir poco da vicino? Il fascicolo sulla morte di Ghirardini resta comunque sempre aperto per istigazione al suicidio. Con accertamenti in corso anche nei money transfer della provincia di Brescia per verificare eventuali trasferimenti di denaro alla ex moglie in Brasile. Questo potrebbe essere inteso come un gesto compiuto prima di farla finita. Ma fino a questo momento l’esito è negativo.

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