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Gli alpinisti bresciani Boldi e Zappa in vetta: il Manaslu è conquistato e l’impresa è compiuta

di Angiolino Massolini
Emiliano Boldi di 52 anni e Enrico Zappa di 49, iscritti al CAI di Gardone Valtrompia, hanno scalato l’ottava montagna più alta al mondo raggiungendo la vetta a oltre 8 mila metri
Manaslu
Manaslu
Alla conquista del Manaslu, in Nepal

Il sogno è diventato splendida realtà: gli alpinisti bresciani Emiliano Boldi di 52 anni e Enrico Zappa di 49, iscritti al CAI di Gardone Valtrompia, sono arrivati in cima al Manaslu, ottava montagna più alta del mondo dopo averla corteggiata per tre settimane scarse, con qualche giorno di anticipo sulla data massima stabilita per il 5 ottobre.

L'inizio dell'impresa

Partiti per Kathmandu il 6 settembre, sono arrivati al campo base posto a 4.700 metri di quota quattro giorni dopo. L’intenzione dei due alpinisti era quella di scalare la montagna senza l’ausilio di ossigeno supplementare, con il necessario lungo periodo di acclimatamento in quota; e considerate le condizioni meteorologiche ottimali fin dall’inizio della scalata Boldi e Zappa hanno premuto molto sull’acceleratore, salendo rapidamente, in diverse turnazioni, sino a campo 3 a 6700 m di quota. L’eccessivo caldo diurno in ambiente glaciale e temperature abbondantemente al di sopra dello zero hanno reso paradossalmente la montagna più pericolosa con crolli di seracchi anche notturni. Dopo attenta analisi della situazione meteorologica, ottimale ma destinata a terminare con l’arrivo del brutto tempo, i nostri due alpinisti si sono trovati davanti ad un bivio: aspettare alcuni giorni con il rischio di perdere l’opportunità di raggiungere la vetta, oppure utilizzare l’ossigeno supplementare, dato il non ancora ottimale acclimatamento, ed anticipare la partenza per la vetta.

L’attacco alla cima

Di comune accordo, hanno optato per un minimo ausilio di ossigeno, dalla quota di circa 7000 metri. L’attacco alla vetta è partito dal campo base con i due alpinisti che hanno saltato campo 1 a 5300 metri e sono andati a trascorrere la notte direttamente a campo 2 situato a quota 6100, dopo aver attraversato una pericolosa seraccata. Il giorno successivo sono saliti al campo 3 situato a 6700 metri, accompagnati ovviamente dagli insostituibili sherpa, hanno riposato qualche ora in tenda, quindi, alle 19 hanno iniziato l’attacco finale. Hanno scalato al buio tutta la notte sul ripido pendio, passando e non sostando a campo 4 (7400). Dopo undici ore consecutive, all’alba, con le lacrime agli occhi, hanno raggiunto la vetta. Davanti a loro panorama da sogno, cielo limpido, vento non eccessivo, ma gli alpinisti dopo avere sostato qualche minuto per le fotografie di rito, hanno iniziato la discesa con la consapevolezza che il vero successo a quel punto sarebbe stato quello di rientrare al campo base. Con la massima concentrazione, con l’aiuto degli sherpa, hanno iniziato la fase due di questa impresa, calandosi in corda doppia, e arrivando sani e salvi alle tenda: un risultato eccezionale.

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