Prima l’eccezione delle difese, sulla nullità del processo, rigettata dalla corte d’assise in quanto tardiva. Due avvocati, peraltro, subentrati solo recentemente in quello che è uno dei più importanti processi che si stanno celebrando a Brescia. Il delitto La vittima è Sana Cheema e accusati dell’omicidio sono il padre e il fratello, attualmente non in Italia e probabilmente in Pakistan. Nella seconda parte poi l’udienza di ieri è stata dedicata ai consulenti dell’accusa che non hanno avuti dubbi: «Sana è stata uccisa, è stata strangolata con un foulard, presa da dietro. Con il foulard che forse era avvolto attorno all’avambraccio».
Per arrivare a questa conclusione i due consulenti dell’accusa hanno ripercorso le tappe delle indagini svolte in Pakistan a partire dall’esumazione del cadavere della giovane di nazionalità italiana.
Un’esumazione durante la quale sono stati praticati numerosi prelievi e quello che, secondo i consulenti dell’accusa, è al collo. «Un prelievo completo delle strutture del collo» è stato spiegato in aula, davanti alla corte d’assise presieduta da Roberto Spanò, al pg Guido Rispoli e al pm Claudia Passalacqua. La concentrazione, quindi in quei giorni del 2018, si accentra sul collo, anche perché si prende in considerazione l’ipotesi di un omicidio. Gli accertamenti non sono facili: il cadavere è in decomposizione. Ma la dottoressa che si sta occupando dei prelievi dal cadavere riesce a recuperare un frammento di corno ioide, quello destro. E dagli accertamenti successivi emerge che si sarebbe trattato di una lussazione. In merito i consulenti hanno spiegato che una lussazione o una frattura dello ioide «sono dovute a compressioni, non possono avvenire naturalmente. La frattura dell’osso ioide è associata allo strangolamento».
Che potrebbe essere stato usato «un mezzo morbido», ma anche un «mezzo morbido avvolto attorno all’avambraccio» e nella ricostruzione «la stella polare è la ricostruzione dell’osso ioide». I legali del padre e del fratello di Sana hanno chiesto per quale ragione si fosse sicuri che quello era il corpo di Sana. «Aveva - è stato risposto loro - un tatuaggio e nessun familiare si è opposto al riconoscimento». Sulla possibilità di una «lussazione post mortem» i consulenti hanno riferito che non ne esiste una in letteratura. Il processo è ora aggiornato al 17 aprile, in vista del probabile viaggio della corte in Pakistan.