STORIE DI ARTIGIANI

Antonella Fanni: «La carta fatta a mano ha personalità. La magìa della creazione guida il mio lavoro da sempre»

di Giada Ferrari
Da 15 anni la cartaia porta avanti la nobile arte con passione e dedizione: «Da sempre faccio laboratori nelle scuole. E mi piacerebbe lasciare in eredità la mia attività»
Antonella Fanni nel suo laboratorio
Antonella Fanni nel suo laboratorio
Antonella Fanni nel suo laboratorio
Antonella Fanni nel suo laboratorio

Nel mondo digitale e industrializzato di adesso c'è un'artigianalità che continua a resistere, una pratica antica che porta con sé la bellezza della tradizione e la maestria delle mani: la creazione della carta. Antonella Fanni, cartaia a Brescia da 15 anni, porta avanti questa nobile arte con passione e dedizione. Attraverso le sue abili mani e la conoscenza di metodi antichi, trasforma fibre naturali in fogli di carta unici, portando avanti una tradizione che risale all’alba dei tempi.

Quando è nata la passione per la carta?
Tanti anni fa, dopo un viaggio in Messico. Al tempo non ero interessata alla carta, poi dopo qualche anno ho iniziato a provare a farla.

Come ha imparato?
Sono autodidatta, quindi è stato un percorso di sperimentazione, prove su prove per raggiungere la qualità. Eravamo in pochi a fare la carta quando ho iniziato ed è stato difficile trovare materiali e attrezzatura. Ho fatto ricerca nella biblioteca di Fabriano, ho messo a fuoco cosa mi serviva e all’epoca ordinai proprio a loro un telaio. Da lì ho iniziato a fare la carta in un garage, poi ho avuto un negozio con laboratorio, ora sono tornata a una dimensione domestica. La carta ormai è entrata all’interno della mia vita, riconosco ancora i foglietti fatti 15 anni fa.

Che cosa realizza con la carta?
La uso per fare prodotti finiti, quindi legatoria come quaderni, libri, tesi, ho imparato le tecniche da mia sorella, aveva una legatoria e lavoravo con lei. Poi faccio carta a uso artistico e uso scrittura. Ma realizzo anche partecipazioni, lettere, ho fatto anche piccoli oggetti di carta, ad esempio delle scatoline o delle palline. La carta la puoi usare per tutto.

Crea diversi tipi di carta per ogni utilizzo?
Si, la differenza sta nella materia prima e nella tecnica. Per l’artistico normalmente utilizzo il cotone, mentre per tutto il resto la cellulosa, poi riciclo la carta stessa per farne altra. Infine, carte particolari, ad esempio con inserita la segatura, le foglie di gingko, oppure piantabile, ossia con dei semi all’interno che può essere messa a terra. Inoltre da una decina d’anni mi sono appassionata a una tecnica di decorazione: marmorizzo la carta. La cosa particolare è che non viene fatta per utilizzo, se non il fatto di essere bella. Poi ho fatto anche tinture naturali che sono un attimo più ostiche perché sporcano l’acqua e il feltro.

Cosa serve per realizzare la carta a mano?
La magia della carta sta nel processo di formazione, io uso il metodo classico lavorazione al tino. All’interno di una tinozza c’è acqua, la materia principale che serve a legare le fibre, poi cellulosa che può essere di vari tipi: pura, misto cotone, oppure altre fibre come la canapa sativa, ma anche carta riciclata che è materia prima di se stessa, e infine colla. In base alla fibra cambia il procedimento di preparazione della cellulosa, ad ogni modo poi serve un telaio con la cornice mobile chiamata «cascio» che definisce contorno e forma del foglio, un supporto rigido e feltro. Di telai ce ne sono di diversi tipi in base all’effetto desiderato.

Come avviene il processo?
Si inserisce il telaio nell’acqua, si fanno dei gesti specifici che si chiamano versate e serrate. Poi si toglie la cornice mobile e si inclina il telaio verso la buona riva per far fuoriuscire l’acqua in eccesso e si passa alla ponitura. Qui il foglio abbandona la forma e si adagia sul feltro. Con un altro feltro si copre il foglio, serve per proteggerlo e fare una non-trama, infine si pressa, così il foglio si disidrata del 50%. Quest’ultimo è un processo fondamentale perché la fibra si lega, nella fase di formazione, in maniera casuale, mentre sotto la pressa si stabilizza. Finito tutto questo procedimento si toglie il foglio dal feltro con il metodo del pizzico e poi si fa asciugare, stendendolo all’aria o direttamente su feltro. Si procede infine alla collatura che io faccio in pasta e a caldo, si pressa e si asciuga. In alcuni casi la carta viene calandrata alla fine per lisciare il foglio, così la scrittura è più scorrevole.

Quanti fogli realizza in contemporanea?
Circa 50 fogli. Il problema della carta è farla bene: questo è davvero il difficile.

Che differenza c’è con i fogli fatti a macchina?
Quelli fatti a mano sono molto più resistenti perché non hanno la vena e questo avviene perché le fibre si posizionano in maniera casuale. Poi i metodi sono tanti, cambia il telaio, i tipi di feltro, l’asciugatura, ad esempio i cinesi facevano asciugare su telaio. Poi c’è sempre da ricordare che la carta è viva, viene fatta con una materia che è viva.

I suoi fogli hanno filigrane, disegni, scritte: li fa lei?
No, ho da tempo attive delle collaborazioni, per la filigrana con Francesca Tinelli, la scrittura a mano la fa una calligrafa, Edda Guastalla, mentre per le illustrazioni mi affido da Luisa Valenti.

Ora che non ha più il negozio, da dove arrivano i clienti?
Lavoro a prestazione occasionale, su commissione oppure nei mercati. Prossimamente sarò a Bienno per la mostra mercato e in autunno alla rassegna della micro editoria.

Una richiesta particolare ricevuta?
Una signora che ha voluto dei fogli marmorizzati: voleva la carta per fare le piastrelle del bagno...

Ha mai pensato di insegnare?
Ho sempre fatto laboratori nelle scuole, a privati, ho anche collaborato con vari artisti. Se capiterà, mi piacerebbe lasciare in eredità il mio lavoro.

Qual è il bello della carta fatta a mano?
Ha personalità, anche nell’uso artistico non rimane mai neutra ma si armonizza con il disegno. Poi sono tutti pezzi unici.

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