verso le urne

Loggia 2023, il Pd sforna tante candidature ma pensa sempre a Castelletti

Comboni, Capra, Corsini, tutte mezze candidature, non per mancanza di autorevolezza, per carità, ma per reale assenza di determinazione a candidarsi. La realtà è che sono spie del malessere del Pd bresciano, da mesi tra il martello della volontà del sindaco di mettere Laura Castelletti al suo posto e l’incudine della resistenza della segreteria provinciale e della vecchia guardia del partito, insofferenti all’egemonia di Del Bono. L’obiettivo vero di queste candidature spuntate negli ultimi giorni - candidature-non candidature come il bollito dello chef Bottura -, è di evitare la conta nell’assemblea cittadina. Se lì la maggioranza la vuole, fuori probabilmente la maggioranza non la vuole.

«Credo che si debba parlare di politica, non di persone - dice Fabio Capra - È con questo spirito che andrò in assemblea domani. Ho 40 anni di politica alle spalle e credo che la via da seguire sia il confronto. Perchè decidere domani? Prendiamoci del tempo, ragioniamo e facciamolo insieme agli altri. Il risultato del 25 settembre impone un di più di attenzione. La mia non è una vera candidatura, vado in assemblea per stimolare queste riflessioni».

Con lo stesso intento Capra si era proposto settimane fa per entrare nella delegazione creata in seno all’assemblea cittadina per trattare con candidati e alleati. Sembrava cosa fatta, ma il suo nome venne lasciato cadere. Ancora oggi l’assessore non sa bene perchè, si limita a dire che un po’ è offeso. Che l’assemblea si faccia ormai è inevitabile, ma non è altrettanto sicuro che si voti. L’ordine del giorno premette alla voce voto l’aggettivo eventuale.

Esiste la possibilità che uno tra Muchetti e Manzoni si ritiri, oppure si potrebbe decidere che hanno ragione quelli che vogliono rinviare tutto al tavolo della coalizione? Ma non si verificherà nessuna di queste due ipotesi. La sensazione è che in ogni caso si stia andando verso il compimento del disegno di Del Bono, quello che ha al centro la sua vice. «Sinistra Italiana e Articolo uno preferiscono Castelletti a Muchetti, non è un segreto, e questo emergerà in sede di coalizione di centrosinistra», dicono a Sinistra. Insomma, lo scenario più accreditato nel partito è quello che vede Muchetti candidato dall’assemblea e poi Castelletti che, su proposta dello stesso Pd, esce dal cilindro della mediazione con gli alleati.

Ma soprattutto adesso che a Milano il Terzo Polo ha il suo candidato in Moratti, di che coalizione e di che perimetro si sta parlando? Perchè è tutt’altro che indifferente rispetto alle scelte ultime. «Non la decide il Pd di certo l’ampiezza del campo - afferma Guido Galperti, consigliere comunale e deus ex machina locale di Italia Viva - Il Pd non può dire: la coalizione siamo noi». In salsa locale è lo stesso concetto che dopo la discesa in campo di Moratti sta portando avanti Calenda. «Non siamo noi necessariamente che dobbiamo andare dal Pd, può anche essere il contrario», spiega Galperti. Se le cose stanno così, a Brescia come a Milano, è diventata molto più grande la probabilità che il Terzo Polo vada per conto suo, con un proprio candidato sindaco.

Probabilmente Galperti stesso. «Quello che è successo in Regione non è senza significato, in qualche modo detta una linea». Terzo polo dunque fuori dal tavolo della coalizione? «Parlare col Pd parleremo, ma nulla di più». Eppure, pressochè tutti quando dicono Terzo Polo pensano che Benzoni e Galperti coltivino idee diverse sul posizionamento rispetto a centrodestra e centrosinistra. E che Benzoni non sarebbe assolutamente disposto a non sostenere Castelletti se fosse lei la candidata. «I rapporti personali passano in second’ordine quando si ragiona di politica. Se c’è una certa linea nazionale e regionale, sarà quella a fare premio. O no?», dice Galperti.

Che aggiunge una nota: «Moratti ha partecipato alla manifestazione pro Ucraina promossa da Calenda, non dimentichiamoci che Sinistra Italiana è quella che ha votato contro l’invio di armi a Kiev». Ma se tanto alla fine sarà Castelletti, perchè il Pd vuole andare al tavolo con un nome solo? «Se fossero tanti la partita sarebbe meno controllabile - spiega un esponente dem - mentre con un solo nome trovare l’intesa su Castelletti sarà molto più facile».

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