Occupata la villetta degli orrori
per dare un tetto agli sfrattati

di Mimmo Varone
La villetta chiusa dal 2005 è formata da due appartamentiGli attivisti dell’associazione «Diritti per tutti» mentre prendono possesso dei locali SERVIZIO FOTOLIVELa cucina dell’appartamento che fu di Aldo e Luisa Donegani I calendari fermi all’estate del 2005 quando fu compiuto il delitto
La villetta chiusa dal 2005 è formata da due appartamentiGli attivisti dell’associazione «Diritti per tutti» mentre prendono possesso dei locali SERVIZIO FOTOLIVELa cucina dell’appartamento che fu di Aldo e Luisa Donegani I calendari fermi all’estate del 2005 quando fu compiuto il delitto
La villetta chiusa dal 2005 è formata da due appartamentiGli attivisti dell’associazione «Diritti per tutti» mentre prendono possesso dei locali SERVIZIO FOTOLIVELa cucina dell’appartamento che fu di Aldo e Luisa Donegani I calendari fermi all’estate del 2005 quando fu compiuto il delitto
La villetta chiusa dal 2005 è formata da due appartamentiGli attivisti dell’associazione «Diritti per tutti» mentre prendono possesso dei locali SERVIZIO FOTOLIVELa cucina dell’appartamento che fu di Aldo e Luisa Donegani I calendari fermi all’estate del 2005 quando fu compiuto il delitto

Dopo oltre un decennio a imposte sprangate, ritornano aria e vita nella «villetta degli orrori» di via Ugolino Ugolini 15, nell’Oltremella. Ieri pomeriggio l’associazione Diritti per tutti, il Magazzino 47 e il Collettivo gardesano autonomo hanno occupato la casa dove nell’estate 2005 Guglielmo Gatti ha ucciso e fatto a pezzi gli zii Aldo Donegani e Luisa Di Leo. Hanno riaperto le porte e vi hanno fatto entrare la famiglia di Opoku con moglie e tre bambini, che ha subìto uno sfratto pochi giorni fa per morosità incolpevole.

Da ieri il nucleo familiare abita l’appartamento al piano rialzato, che fu dei coniugi assassinati dal nipote. Poiché Gatti, a seguito della condanna all’ergastolo è ritenuto «indegno» di riceverne l’eredità, l’abitazione è stata incamerata dal Demanio statale ed è disabitata dall’agosto 2015. Opoku, sua moglie e i loro figli hanno dovuto lasciare la casa dove avevano vissuto per molti anni – spiegano le tre associazioni -, a seguito di un accordo in Prefettura sottoscritto per non penalizzare ulteriormente la piccola proprietaria del loro appartamento. Sono iscritti nella graduatoria per l’assegnazione di un alloggio Aler ma al momento pare che non ce ne siano a disposizione.

Erano sistemati provvisoriamente, per una settimana, dal Comune in un albergo, e da lunedì sarebbero finiti in strada. «Ora quella villetta che fu teatro di morte tornerà ad essere luogo di vita di una famiglia – scrivono in un comunicato diffuso ieri -, con la semplice felicità dei bambini, con la speranza e l’aspirazione ad un miglioramento della propria condizione».

QUESTA SITUAZIONE «ripropone urgentemente la necessità di alloggi a canone sociale per le vittime della crisi e di centri per l’emergenza abitativa – aggiungono le associazioni -, oltre che l’insufficienza delle politiche di contenimento degli sfratti messe in atto dall’amministrazione comunale. Per questo chiediamo la moratoria dell’esecuzione degli sfratti in assenza di passaggio da casa a casa e la messa a disposizione temporanea degli appartamenti della Torre Tintoretto».

Per ora in via Ugolini sembra tutto regolare. Dopo l’occupazione si sono fatti vedere i funzionari della Digos, ma per ora la famiglia Opoku resta dov’è. Nel pomeriggio sono arrivati anche alcuni parenti delle due vittime, per controllare che non fosse stato toccato l’appartamento al primo piano, quello dove viveva Gatti e da tempo messo all’asta senza nessun risultato. In ogni caso, le tre associazioni assicurano che non hanno alcuna intenzione di aprire le porte del primo piano. Gatti è stato arrestato il 17 agosto 2005, dopo il ritrovamento di parte dei resti degli zii al passo del Vivione. La decisione di mettere all’incanto il primo piano dell’abitazione è venuta dalle parti civili al processo. E in questo modo i parenti di Luisa De Leo cercano di ottenere il risarcimento da 400 mila euro fissato dalla sentenza di condanna all’ergastolo. L’atto esecutivo ha fatto scattare il pignoramento nei confronti dei beni appartenenti a Gatti, vale a dire l’appartamento al primo piano in via Ugolini e un appartamento all’Aprica. Per quest’ultimo, 100 metri quadri in un condominio, l’asta giudiziaria è già stata aggiudicata alla fine del 2012. L’altro, invece, è ancora in attesa di qualcuno che manifesti interesse. Guglielmo Gatti, erede potenziale dei beni dello zio Aldo, non può ottenere l’immobile a seguito della sentenza che lo esclude dall’eredità. Resterà allo Stato, intanto è abitato da una famiglia rimasta senza tetto per morosità incolpevole.

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