il caso

Omicidio Laura Ziliani: le figlie e Mirto depositano l'appello contro l'ergastolo

di Mario Pari
Va verso il secondo grado di giudizio la vicenda in cui sono rimaste coinvolte due sorelle e il fidanzato di una di loro
Nella foto più grande, Laura Ziliani, la vittima; nelle altre gli assassini rei confessi: Mirto Milani e le figlie della donna, Silvia e Paola
Nella foto più grande, Laura Ziliani, la vittima; nelle altre gli assassini rei confessi: Mirto Milani e le figlie della donna, Silvia e Paola
Nella foto più grande, Laura Ziliani, la vittima; nelle altre gli assassini rei confessi: Mirto Milani e le figlie della donna, Silvia e Paola
Nella foto più grande, Laura Ziliani, la vittima; nelle altre gli assassini rei confessi: Mirto Milani e le figlie della donna, Silvia e Paola

Ci sarà un processo di secondo grado per quella morte orribile punita con tre ergastoli. Il carcere a vita è stato inflitto a due figlie della vittima, Paola Zani e Silvia Zani, e al fidanzato di una di loro Mirto Milani.  Di Laura Ziliani si perse ogni traccia l’otto maggio 2021, a Temù. Il corpo venne ritrovato tre mesi dopo, nei pressi del fiume Oglio. I tre imputati hanno confessato, ma se fino al processo di primo grado, celebrato davanti alla corte d’assise presieduta da Roberto Spanò, si era parlato e scritto negli atti di “trio criminale“, poi parecchio è cambiato. Ma alla fine le richieste dei legali sono state sostanzialmente identiche.

I legali dei tre avevano chiesto che la corte escludesse le aggravanti contestate (premeditazione, l’uso di sostanze venefiche per tutti e tre e quella del rapporto di parentela per le due sorelle Zani) e valutasse l’applicazione della riduzione della pena prevista dal rito abbreviato chiesto in avvia di processo. La difesa di Silvia Zani ha chiesto per la ragazza il riconoscimento «della capacità di intendere e volere fortemente scemata» in occasione del delitto. Ma alla fine il verdetto, il 7 dicembre scorso, è stato il medesimo per i tre imputati.

Sono piuttosto le motivazioni della sentenza a consentire di cogliere differenze nelle tre posizioni. «La Corte - scrive nelle motivazioni il presidente Spanò - ha dovuto prendere atto dell’impossibilità di modulare diversamente il giudizio di responsabilità distinguendo protagonisti e deuteragonisti, attesa la complementarietà dei ruoli rivestiti da ciascun imputato, l’assenza di figure dominanti di personalità recessive patologicamente manipolabili o suggestionabili».

Un gruppo unito, almeno fino allo «sfilacciamento» durante il processo, nel progettare e portare a compimento il delitto. «Mirto, che pure si è mostrato l’elemento più fragile, è diventato l’autore materiale del delitto di cui è stato, unitamente a Silvia, l’ideatore», e «Silvia si è dimostrata la persona più determinata nel prendere l’iniziativa, mentre Paola, la più intelligente, ha condiviso senza riserve il progetto delittuoso al quale aveva fornito un fondamentale apporto nella fase esecutiva».

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