IL CASO

Studenti in visita alla base di Ghedi: dai docenti un coro di proteste

di Flavio Marcolini
Una lettera contro la manifestazione firmata da oltre 200 insegnanti: «Non guerra ma pace e solidarietà: questi i nostri valori»
Visite alla base di Ghedi: dai docenti un coro di proteste
Visite alla base di Ghedi: dai docenti un coro di proteste
Visite alla base di Ghedi: dai docenti un coro di proteste
Visite alla base di Ghedi: dai docenti un coro di proteste

Un coro di proteste si leva dalle scuole bresciane alla notizia che la base militare di Ghedi organizza per gli studenti martedì 16 aprile la manifestazione «Mettiamo le ali ai nostri sogni», per promuovere il patrimonio di storia e professionalità espresso dall'Aeronautica Militare, dal Sesto Stormo e dalla Pattuglia Acrobatica delle Frecce Tricolori.

Il tam tam su Web e social

Grazie al tam tam sui social, nonostante le scuole chiuse per le vacanze pasquali, oltre 200 insegnanti di decine di istituti di ogni ordine e grado hanno firmato una lettera aperta scritta dalla collega Patrizia Londero dell’istituto Bazoli-Polo di Desenzano, dal titolo «Il fascino indiscreto della guerra».

«Mentre assistiamo impotenti allo sgretolarsi del diritto umanitario in numerose zone del mondo, allo stravolgimento di paesi e popoli colpiti da armi di cielo e di terra che generano fame e migrazioni spesso senza speranza – scrivono i docenti - vediamo un fiorire di iniziative frutto anche dello zelo ministeriale che esortano le scuole a far partecipare gli alunni a uscite didattiche aventi per oggetto visite a mostre d'armi, a basi militari, a parate, ad addestramenti, ad alza-bandiera, a incontri con l'esercito».

Segnalano che il Ministero ha fatto pervenire a tutte le scuole una circolare: «Per i contenuti e l'ufficialità un'ingiunzione dall'alto che non può non stridere con quanto per anni si è cercato di costruire nei percorsi di Educazione civica a scuola con i ragazzi... in linea con le finalità generali dei Programmi ministeriali che non prescindevano da valori come convivenza pacifica, democratica, centrata sul confronto e sul dialogo».

Ricordano che quella di Ghedi è «una base militare da cui più volte si sono alzati in volo aerei con il loro carico di morte da riversare su paesi come Iraq nel 1991 e Serbia nel 1999 e dove sono custodite armi a testata nucleare, che gli F35 dislocati nella base sono abilitati a trasportare e utilizzare». «Al di là dei volteggi acrobatici e delle scie tricolori che dovrebbero attirare il pubblico», stigmatizzano «l'alto tasso di inquinamento acustico e dell'aria».

«Proliferazione di proposte formative a sfondo militare»

«Di che emozioni e sogni parla il Ministro?» si chiedono gli insegnanti. «Sono forse i brividi adrenalinici dell'incolumità a rischio che dovrebbero suscitare emozioni? Ma per la gloriosa pattuglia acrobatica non sta bene parlare di rischio. Sono troppo bravi. Fanno sognare. Stupefacente se non fosse inaccettabile la chiosa metaforica finale: ‘Mettere ali al proprio futuro’. Non solo si dovrebbero prelevare i ragazzi da scuola per trasferirli a Ghedi, ma il ministro vorrebbe che da questa visita traessero ispirazione per la loro futura professione. Verso quali orizzonti di gloria li vorrebbe spingere?».

E concludono chiedendo di «solidarizzare con chi condanna questa pericolosa proliferazione di proposte formative a sfondo militare, per dichiarare l'urgenza della costruzione di scuole di pace, coltivando occasioni di solidarietà con chi vive in zone di guerra, di conoscenza del dramma della guerra e delle sue vittime, di aiuti concreti per coloro a cui la guerra ha distrutto tutto. Curare le ferite, aiutare a ricostruire: c’è bisogno di circolari che parlino di questo». Attiva la mailbox donneinreteperlapace.desenzano@gmail.com.

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